Ancora su innovazione e affidabilità
Nelle ultime discussioni mi sembra siamo emersi molto il cuore di appassionati e il rilevatore di voci di deposito. Ma fare scelte tecnicamente valide è un'altra cosa. tanto per intenderci, personalmente avrei comprato un migliaio di 718 negli anni Settanta e non li avrei sostituiti fino all'arrivo degli Omnicity. Io mi sarei divertito moltissimo, i miei utenti un po' meno.
Iniziamo dalla cosa più semplice: i 418 autotreni. Erano tre serie: 721-774 (interurbani), 1900-1914 (urbani), 6100-6117 (urbani ex Ctr). Sono stati il tipico esempio di acquisto errato di macchina obsoleta: gli ultimi sono stati acquistati nel 1982. E il primo è stato fermato nel 1988. Erano lenti, difficili da guidare, poco produttivi. Gli urbani in servizio urbano non hanno mai circolato, finendo ad offrire ai passeggeri della Torino-Chivasso il "comfort" dei sedili in masonite. E pensare che lo stesso errore era stato commesso, non molti anni prima, con i 410 autotreni urbani.
Quanto alla macchina da acquistare concettualmente obsoleta, la cosa sta molto bene per il pensionato che si compra la Palio. Non gliene frega niente dell'Esp e del condizionatore, la tiene vent'anni a colpi di 5000 km annui, poi la butta via. Scelta molto discutibile, ma fatta sulla sua pelle e con il suo denaro. Un'azienda pubblica con un impegno preciso di qualità di servizio non può permetterselo. Deve acquistare mezzi che siano lo stato dell'arte della tecnologia, sicuri, confortevoli, produttivi. Il problema non è nello scegliere il 490 quando c'è già il 491. E' inchiodare il costruttore del 491 o chi per esso a un reale rispetto delle garanzie, cosa che spesso non avviene.
Non esiste a mio avviso un costruttore assolutamente migliore di un altro. Man è accurato ma viaggia a rilento con l'innovazione, salvo alcuni acuti come il Lion's Single. E negli anni passati ha sbolognato al nostro mercato improponibili motori di vecchia generazione, fumosi e rumorosi. Mercedes fa un prodotto che appaga l'occhio e riempie la bocca ma non ha solo problemi di frenata, ci sono anche le correnti vaganti che corrodono i basamenti (e, come direbbe il grande Diego, "scussat' se è poc'"). Irisbus ha un pianale molto adatto al mercato italiano, ma i consueti problemi di assemblaggio inficiano la bontà del progetto (che, strutturalmente parlando, è Kaessbohrer - siamo sicuri che se il 491 fosse marchiato Setra farebeb così schifo agli autisti? Io no). Di Scania e Volvo abbiamo già parlato. Gli altri sono assemblatori che qualche volta fanno un prodotto di alto livello ma spesso accrocchi teoricamente validi ma problematici all'atto pratico.
Inviterei a non avere pregiudizi sugli stabilimenti polacchi e simili: nei prossimi anni dovremo abituarci a veicoli costruiti un po' ovunque tranne che nell'area "storica" dell'Unione Europea. Man produce già molto in Turchia (non i veicoli di Ivrea, che sono ancora di Saltgitter, se non erro), e così Mercedes. Irisbus ha grandi stabilimenti in Repubblica Ceca, Scania e Volvo in Polonia. E cominciano ad affacciarsi marche esclusivamente dell'Est, come Solaris.
L'acquisto di usati funziona soltanto se si scende a (grandi) compromessi sulla qualità del servizio, e non a caso il mercato è florido là dove ci sono esigenze da tamponare rapidamente con pochi soldi (vedi area vesuviana o, negli anni passati, Catania. Dove fra l'altro anche gli usati più "di classe" che erano arivati, leggi U210 e 471, mi risulta abbiano durato poco).
Sul fatto che i 491 non dureranno 15 anni sono abbastanza d'accordo. Ma il problema è un altro: un autobus urbano non deve rimanere in servizio 15 anni. 10 sono troppi, 7 sarebbe la cifra ideale. Un autobus di 15 anni ha bisogno di tanta manutenzione, fatta fuori rete, spesso con ricambi non originali e lavorazioni tirate al ribasso. Che spesso sono una garanzia di durate e affidabilità al contrario. Ricordate per esempio quanto sono durati i 421 revisionati a Treviso o a Salerno? Se gli acquisti degli autobus fossero pianificati in sede di Finanziaria su base pluriennale non avremmo un mercato a elastico, e pinaificheremmo gli acquisti con una quota costante di rinnovo del parco. E riusciremmo a rivendere veicoli ancora buoni per mercati meno ricchi, a cifre vantaggiose per chi vende (o ad acquistre i veicoli in buy-back con manutenzione programmata). Accade in Germania e Francia, e l'Iveco lo sa bene. Altrimenti non avrebbe acquistato un carrozzone come la divisione autobus di Renault...
Quanto alle macchine accantonate in deposito per attendere la fine ammortamento, è una prassi comune di molte aziende. I finanziamenti regionali impongono il mantenimento in servizio dei bus per un numero prefissato di anni. Eliminandolo prima, si deve restituire alla Regione la quota di finanziamento relativa agli anni non sfruttati. Norma in linea di principio giusta, ma che crea dei mostri. Come il 671 ribaltato che è rimasto uno scheletro con targa sino allo scadere dei 12 anni all'epoca previsti, i 421 di 9 anni rimasti fermi per due o tre, tanto per riferirci soltanto a una situazione virtuosa come quella di Torino. Altrove, per esempio, c'erano Inbus 210 cannibalizzati e con i vetri rotti nello stesso momento in cui l'azienda riceveva altri U210 nuovi.
Ciao,
gliz