La guerra, il dopoguerra e i tram
Allo scoppio della seconda guerra mondiale, la rete tranviaria torinese, sia urbana che intercomunale, era in piena floridezza: il parco delle vetture tranviarie urbane, con le 2500 e le 2100 - 2200 a carrelli, ed altre come le 626 e le 2000, poteva considerarsi alla pari con le altre più importanti città italiane ed estere; si capisce quindi come l'entrata in guerra nel 1940 sia stato un vero "fulmine a ciel sereno" per i tram subalpini.
All'inizio, per la verità , i disagi furono complessivamente limitati; qualche limitazione nelle corse di alcune linee, la soppressione di alcune fermate per risparmiare energia elettrica nel riavvio da fermo delle vetture, e simili; peraltro, nel giugno del 1942, fu istituito per la prima volta a Torino un servizio notturno per tutta la notte, limitato a otto linee o tratti di linee, per sopperire al divieto di circolazione nelle ore notturne delle "autopubbliche" (la parola "taxi" era stata rigorosamente proibita, in quanto straniera: "Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!"); una misura simile tornerà più di trent'anni dopo, nel 1973 - 1974, durante i divieti di circolazione delle auto per l'austerità petrolifera.
I guai seri cominciarono drammaticamente nell'autunno del 1942, con l'intensificarsi dei bombardamenti e i danni gravi alla città, ai suoi edifici e alle lnfrastrutture; dopo le distruzioni dei palazzi, ad esempio, era necessario provvedere allo sgombero della macerie, al puntellamento e messa in sicurezza di quanto era rimasto in piedi: era quindi necessario chiudere le strade interessate al traffico. Inoltre, con gli edifici, nelle vie percorse dai tram, cadeva anche la linea aerea. Da qui, sospensioni e limitazioni di linee, più o meno prolungate.
A questo, si aggiungevano i danni ai depositi bombardati, con le vetture che vi erano ricoverate, e quelli ai tram lungo le strade che si trovavano sotto le incursioni.
Dopo l' 8 settembre, l'occupazione nazista e le azioni partigiane, si dovettero mettere in conto anche i sabotaggi, pur necessari, alla rete; memorabile è rimasta l'azione partigiana che nel 1944, col sabotaggio di una sottostazione, bloccò la circolazione tranviaria in tutta la zona Nord della città.
Al termine del conflitto, nel 1945, la situazione si presentava sconfortante: distrutti due depositi, molte vetture, altre requisite e trasportate dai tedeschi in Germania vennero solo in parte recuperate. La situazione se possibile era ancora più tragica per le linee intercomunali, a causa anche della loro estensione. Si può dire che con la guerra sia iniziato il declino dei tram torinesi.
La rete intercomunale ( a differenza, ad esempio, di Roma e Milano, dove venne riattivata e ammodernata, tanto da arrivare, nel caso milanese, sino ai giorni nostri) non si riprese più: ad iniziare dalla linea per Trofarello e Poirino, che praticamente dal 1945 smise di funzionare regolarmente, sostituita con corriere, tutte le linee furono chiuse e sostituite con autobus; l'ultima, quella per Orbassano, resistette fino alla fine del 1958.
Anche la rete urbana visse non pochi problemi, nonostante la costruzione delle moderne 3000 - 3100 e la ricostruzione dei depositi distrutti: l'energia elettrica era scarsa, le sospensioni e riduzioni del servizio, specie nel periodo invernale, all'ordine del giorno. In consiglio comunale, si levavano molte voci a chiedere la chiusura completa della rete tranviaria e il passaggio integrale agli autobus, sull'esempio di città estere, segnatamente in Francia e Gran Bretagna.
Toccò all'Atm dimostrare, cifre alla mano, che, in presenza di infrastrutture e impianti fissi già esistenti (binari, rete aerea, ecc.), in una città ad economia industriale, con grandi complessi e necessità di movimentazione di grandi masse operaie, il "ferro" rimaneva più conveniente della "gomma"; inoltre, si sottolineò, negli esempi stranieri riportati, la soppressione dei tram era vista nell'ottica della sostituzione delle linee di forza con una rete di metropolitana, cosa che, nel caso di Torino, era da escludersi, viste le dimensioni limitate della città (allora non superava i 700.000 abitanti) e i gravi problemi economici del dopoguerra; una metropolitana, si diceva, sarebbe stata utile e ipotizzabile solo di lì a una ventina d'anni.
Fu così che, alla prova della guerra e ancor più del dopoguerra, i tram torinesi riuscirono a sopravvivere; se, da un lato, le due linee circolari, la 1 e la 16, vennero "accorpate" nella sola 16, nel 1953 nasceva la nuova linea 1, per portare alla Fiat Mirafiori le grandi masse operaie che il grande complesso iniziava ad assorbire.
Per quanto riguarda le vetture, invece, salvo le 300 - 3100, fino agli anni 70 - 80 non si misero "in cantiere" tram veramente nuovi, limitandosi al riuso e ristrutturazione di vecchie vetture; così, nel 1950 - 1957, con le 2700 "bisarche", e appunto con le 2800 nel 1958 - 1959 e poi a inizio anni 80. Si dovette attendere sino al 1983, coi "maxitram" 7000, per vedere una vettura tranviaria davvero nuova e innovativa.