Viale Della Speranza (Roma) - 1953, Dino Risi
Riapro il discorso su questo film, i cui fotogrammi sono stati già inseriti, con una recensione che mi ha inviato Gennaro (filobustiere) e che ringrazio della sua preziosa collaborazione. Ecco cosa ha scritto in proposito:
VIALE DELLA SPERANZA
"Mi sono chiesto se coloro che scelsero il titolo di questo film abbiano inteso volutamente crearne un contrappunto con il precedente “Viale del tramonto” di produzione statunitense. Di certo il vostro modesto recensore non può fare a meno di immaginarlo e del resto la sequenza cronologica delle rispettive uscite sembra dargli ragione: 1950 il primo, 1953 il secondo. L'antitesi non si limita al titolo ma riguarda anche la trama. Nel pluridecorato, con varie nomination ed oscar, film holliwoodiano (regia di Billy Wilder) si racconta il triste e tragico epilogo della vita di una a suo tempo famosissima attrice del muto (una grandissima Gloria Swanson, assieme ai non meno bravi William Holden ed Erich von Stroheim) che non si rassegna all'oblio. In quello nostro di produzione italiana invece sono vissute le vicende di tre ragazze (Luisa, Franca e Giuditta), disposte a tutto pur di conquistare la popolarità che un ruolo di attrice potrebbe dare loro. L'era delle veline era ancora al di là da venire ma certe scorciatoie sono sempre esistite. Così ben presto le tre starlette dovranno operare delle scelte che determineranno il loro futuro. Luisa riuscirà ad affermare le proprie capacità recitative anche con l'aiuto del fidanzato cineoperatore. Franca invece si renderà conto che le qualità fisiche di maggiorata non saranno sufficienti e sceglierà con arguzia di finire tra le braccia di un ricco industriale. La terza, non possedendo le qualità né dell'una, né dell'altra, accetterà l'invito del rude e grossolano fidanzato a tornarsene a casa con le pive nel sacco ma con la prospettiva di un sereno e placido avvenire di moglie.
Il “Sunset Boulevard” (Viale del Tramonto) luogo presente effettivamente a Beverly Hills (Los Angeles), residenza di tanti attori ed anche della protagonista del film omonimo, assume un intuibile valore allegorico di fronte alla vita dell'attrice di cui racconta la storia. Il nostrano “Viale della Speranza” altro non è invece se non la lunga strada Tuscolana che conduce da Roma centro a Cinecittà: inizio e fine di sogni, successi, fama e delusioni di chi cercava uno spazio nel magico mondo del cinema.
Il cast del film è un'autentica miniera di curiosità e celebrità. Partiamo dal regista Dino Risi che annovera questo film tra le sue prime opere. Insieme dello stesso anno ricordiamo anche “Amore in città” (già recensito su MT) con altrettanta nutrita presenza di tram. Il ruolo del cineoperatore fidanzato di Luisa viene ricoperto da un giovanissimo Marcello Mastrojanni (ancora con “j” e l'accento ciociaro). Scopriamo poi un esordiente Corrado Pani nelle vesti di un adolescente a caccia di fanciulle, ruolo che amerà ricoprire anche nella vita al di fuori dello schermo. Infine tra gli attori, a sorpresa, esce Pietro De Vico nella parte di Tonino, un personaggio molto comune nell'ambiente del cinema, incaricato di trovare tutto a tutti. Peccato che la sua caratteristica voce sia doppiata. Nel cast tecnico due nomi che diventeranno famosi. Flavio Mogherini architetto e scenografo, si affermerà negli anni '70 come apprezzato regista. Direttore della fotografia è Mario Bava; diventerà anch'egli famoso tra gli anni '70 e '80 come regista di B movie horror rivalutati postumi e diventati cult (lo ricordiamo, tra l'altro come regista di un film psichedelico su Diabolick negli anni '60 ma soprattutto come responsabile della fotografia nel nostro amato “Hanno rubato un tram).
Le tre ragazze? A parte Cosetta Greco (Luisa) che godrà di una discreta celebrità girando molti altri film, le altre due Piera Simoni (Franca) e Liliana Bonfatti (Giuditta) si immedesimeranno talmente nel ruolo di perdenti, che gireranno ancora qualche film per poi sparire nel dimenticatoio.
Ed i tram? Il tram assume nel film un ruolo molto importante. Non era forse il mezzo preferito da attori, comparse, tecnici per recarsi al lavoro a Cinecittà? E non era quello che accoglieva le speranze, le aspirazioni, le delusioni di quanti si recavano alla Mecca nostrana alla ricerca di un lavoro nel difficile dopoguerra italiano?
Il film inizia proprio con una ripresa in soggettivo della linea tranviaria sulla Via Tuscolana in attesa della feroce urbanizzazione degli anni '60 e molto tempo prima che la linea “A” della Metro ne percorresse il sottosuolo. Intanto una voce fuori campo introduce la funzione delle vetture “biancazzurre” dove precisa che si pagava un biglietto ben trenta lire.
La vettura scelta per questa prima scena è la 501 che uscì dalla fabbrica OMS (Officine Stanga) proprio nei giorni in cui veniva girato il film. Ho immaginato che la STEFER l'avesse proposta per fare una bella figura. Per esigenze di ripresa, essa viene fatta provenire dal lato Frascati così ci godiamo anche un “frame” sul casotto del capolinea a Cinecittà. La 501 diventerà molto più famosa di tanti aspiranti attori che aveva trasportato nella sua carriera, percorrendo per l'ultima volta il collegamento Roma-Cinecittà il febbraio 1980 in concomitanza con l'apertura della Metro A. Pertanto fu fotografata e ripresa in maniera copiosa. Il suo servizio però proseguirà con una nuova matricola presso l'ATAC.
Il film si chiude invece con una vecchia gloria: la 411 del 1942, stesso costruttore della Stanga e modello di esordio della giostra Urbinati.
Insomma il film non è indimenticabile, ma di certo di notevole interesse documentaristico per gli amici del tram, del cinema e della città eterna."
Per concludere inserisco il link della pagina, dove si possono trovare i fotogrammi di questo film.