Ben presto, a Torino come nelle altre città del mondo, apparvero evidenti i limiti delle vetture ippotrainate: la bassa velocità, il mantenimento oneroso dei quadrupedi, soprattutto i problemi igienici delle deiezioni degli animali, che aggravavano, specie d'estate, i pericoli di epidemie (a fine 800 colera e tifo erano endemici in tutte le nostre città, con scoppi di epidemie ricorrenti); si cercò pertanto di arrivare a vetture senza cavalli a trazione meccanica. Scartato il vapore (salvo che per le linee intercomunali e suburbane), ci si orientò verso l'allora novella forma di energia, l'elettricità; tra i tanti tipi di motori elettrici, la preferenza andò al motore a corrente continua con eccitazione in serie, per le sue doti di elasticità,essendo in grado di avviarsi da fermo e variare la velocità entro grandissimi intervalli. Per l'alimentazione, come detto, si ricorse dapprima agli accumulatori al piombo, dimostratisi da subito di scarsa efficienza e affidabilità, per di più emananti esalazioni solforose irritanti e moleste per il personale e i passeggeri; finì quindi per affermarsi l'alimentazione esterna da impianti fissi, con adduzione della corrente tramite cavi sotterranei protetti (soluzione che in Italia non andò oltre un impianto sperimentale a Roma) o fili aerei ( che infine finì per imporsi) e ritorno della corrente tramite le rotaie, all'uopo saldate e collegate elettricamente tra loro per garantirne la conducibilità.
[Modificato da Censin49 22/12/2011 20:37]