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La vecchia ferrovia Napoli Piedimonte

Ultimo Aggiornamento: 09/03/2011 22:57
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03/03/2009 08:55
 
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tranviere senior
Storia di una linea distrutta dall’avidità degli speculatori e dall’inerzia degli amministratori
Anche Il Mattino del 01/02/09, edizione Caserta, dedica un reportage sulle macerie della storica ferrovia.


Alifana, sui binari case abusive

Nella giornata delle ferrovie dimenticate viaggio lungo la tratta che portava a Napoli



ALESSANDRA TOMMASINO Strade ferrate che si innestano nei territori, trasformate da luoghi di vita a percorsi fantasma. La giornata nazionale delle ferrovie dimenticate, organizzata da Italia Nostra, Società geografica italiana, Greenways e Comitato mobilità dolce per il recupero delle tratte si svolgerà oggi con iniziative mirate a puntare i riflettori sulle linee ferroviarie dismesse e cadute nell’oblio. L’obiettivo che accomuna le associazioni promotrici dell’evento è quello di riconvertire le linee minori al riutilizzo creando percorsi di mobilità alternativa, prima di tutto per le biciclette. Un progetto che in Terra di lavoro, più che una sfida, sembra un’utopia. Lo sguardo è immediatamente rivolto allo stato di degrado in cui versa il tratto cosiddetto «basso» della famosa linea ferroviaria Napoli-Benevento, la più nota «Alifana»: il troncone che fino al 1976 collegava Santa Maria Capua Vetere (dove ancora esiste il rudere della stazione di Sant’Andrea dei Lagni) al capoluogo partenopeo, a ripercorrerlo oggi esprime un deciso arretramento del progresso. A Teverola la vecchia stazione, che a lungo ha ospitato i container del terremoto del 1980, è ridotta a un ricettacolo di lastre di cemento-amianto; proseguendo verso Casaluce, con la stazione diroccata, il vecchio binario finisce sbarrato dai manufatti abusivi, case e capannoni. Il tracciato così quasi non si vede più, soffocato in un ammasso di cemento su cui per anni ha imperato il silenzio delle istituzioni. Adesso alla Procura della Repubblica sono state inoltrate dal Comune centinaia di denunce per segnalare l’abusivismo edilizio perpetrato sulle aree che restano ancora di proprietà della società regionale Metrocampania Est. Tra scempi e assenza di ogni forma di valorizzazione, l’evidenza del tragitto viene recuperata a fatica. A Frignano, forse, ma per poco e con la stazione diventata tuttavia un grande deposito di materiali edili, accumulati a poca distanza dai resti di un semaforo e da qualche parte di binario non coperta dall’asfalto. A San Marcellino invece, la stazione è stata rifatta per essere trasformata in un bar «Bar della stazione». Mai aperto. Un progetto fallito. Attraversando Trentola Ducenta, con la casa cantoniera diventata per un periodo luogo di culto, si giunge a Lusciano, dove nell’ex stazione è possibile vedere il bucato steso, a testimonianza che lì dove c’era la biglietteria, oggi c’è una casa privata. Ad abitarla la figlia dell’ex cantoniere. Da Lusciano ad Aversa e qui, con l’arco dell’Annunziata come sfondo, quel che rimane dell’ «Alifana» non è altro che un rudere abbandonato e un piazzale adibito a parcheggio destinato a chi fa shopping in via Roma e agli studenti di Ingegneria della Sun. Insomma, caos di auto, clacson e rumori. Altro che piste ciclabili tanto decantate dalle amministrazioni dei vari paesi dell’agro aversano che la bicicletta l’hanno sempre messa in prima linea nell’idea di recupero del percorso. Ma, appunto, solo nell’idea o al massimo in qualche studio mai diventato realtà. Altro che verde. Niente. E neanche, beffa su beffa, la presenza di una rete efficace di trasporto. «Era così bello avere la ferrovia nei nostri paesi - ricordano Pina Felaco di Casaluce e Giuseppe Verolla di Lusciano, utenti «storici» - ci potevamo spostare da un posto all’altro senza grandi sacrifici. Oggi invece siamo ritornati indietro». In effetti lo scorso anno un timido tentativo di ripristinare una rete di collegamento fra i vari centri dell’hinterland aversano è stato compiuto con la proposta intercomunale di una piccola ferrovia da realizzare underground. Insomma degrado sopra, ma almeno utilità sotto. Questa l’idea. Ma per ora solo parole. Fatti zero.


Storie di grandi amori e piccole scappatelle

Quando nel primo ventennio del secolo scorso la ferrovia Alifana entrò in funzione, a Casaluce il capostazione e la sua giovane moglie portarono una ventata di novità. I tempi erano difficili, ma lavorare pur si doveva e un biglietto del treno per raggiungere il posto dove potersi guadagnare il pane, in fondo era una salvezza. Molti raggiungevano Napoli, altri invece (ben pochi all’epoca) si fermavano ad Aversa per studiare. Iolanda De Feo, 84 anni, era fra gli studenti che ogni mattina salivano a bordo del treno. «Studiavo al ginnasio - ricorda - e viaggiare su quella linea era straordinario perché ci consentiva di conoscere ragazzi e ragazze degli altri paesi». L’Alifana come aggregazione. «Gli amici conosciuti negli anni - dice la donna ricordando con gioia il periodo della ferrovia - sono stati quelli di una vita. Non ci siamo mai più divisi». Tutti una grande famiglia. E tutti molto legati al capocantoniere. Iolanda riporta alla memoria il giorno della nascita di sua figlia. «Allora mio marito lavorava a Napoli e - sorride - quando il capostazione di Casaluce seppe del lieto evento avvertì il suo collega della stazione napoletana che fece partire il treno del ritorno con ritardo per consentire a mio marito di non perdere la corsa e tornare a casa prima per poter vedere la sua figliola». Storie di amicizia. Ma anche di amori. Gli innamorati dei tempi dell’Alifana si incontravano nei giardinetti delle stazioni, dove venivano accolti da profumati biancospini. Amicizia, amori. E qualche tradimento. Un ultraottantenne casalucese che non vuole svelare il suo nome lo ricorda: «Quante scenate di gelosia - ride - donne che si prendevano a capelli per quel treno che regalava fin troppe occasioni di infedeltà». al.to.





amo il trasporto collettivo, amo viaggiare in compagnia, la tecnica, amo le ferrovie
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