Tram onirico - Racconti di vita e di tram

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Pagine: 1, 2, 3, [4], 5
Alessandroch
00sabato 27 maggio 2006 16:51
Mannaggia a me
Scusa Gennaro,
non ti ho sfrattato è stata solo dimenticanza... chiedo scusa a Filobustierx uno dei portatori del capo insieme a Monocarix.

Spero di aver riparato alla mia mancanza [SM=x346249]
Alessandroch
00domenica 11 giugno 2006 10:50
E' in arrivo...
un' altra mia creatura.

Il tempo di correggerla e tra un paio di gg sarà a vostra disposizione.
Alessandroch
00martedì 13 giugno 2006 18:10
Un' altro po' di pazienza...
...arriva... [SM=x346239]
Alessandroch
00giovedì 15 giugno 2006 15:48
vi presento perte prima
LA DIFFERENZA

Ruggero e Pasquale sono due tranvieri di Napoli di bell’ aspetto alti e asciutti. Entrambi amanti dello sport in genere.
Il tempo passato insieme per tanti anni, li ha uniti in una profonda e sincera amicizia e non negano l’ ottimo rapporto amicale con altri loro colleghi e colleghe.
Sono generosi di animo e molto raramente succede qualche screzio con i loro pari o con i loro capo settore nell’ ambito lavorativo.
Ruggero è scapolo, vive a Pianura nei pressi di via Cintia. La sua casa ( più o meno 80 mq) è modesta senza pretese ma molto funzionale ed è accogliente. Infatti è sovente che organizza cene e/o amabili incontri.
Pasquale vive in via Lepanto, è sposato senza figli. La moglie è una commercialista ed ha un portafoglio clienti eccellente. Quasi tutti i supermarket della zona sono di suo “dominio” oltre ad amministrare altre attività commerciali ed artigianali. Lei è molto ambiziosa e mira ad ambiti traguardi professionali.
Pasquale è una persona molto sensibile. Ha molte persone che gli sono vicino ed anch’egli è molto corteggiato da varie esponenti del sesso debole, però tende a soffrire di solitudine; essendo fondamentalmente un filantropo, sente una forzata minimizzazione nei rapporti con gli altri da parte di sua moglie.
A sentirlo parlare avrebbe una fede in Cristo molto forte, ma stranamente è insicuro di se, come se temesse di essere scoperto in fragrante in ogni cosa che fa o che pensa. Anche Ruggero è attento al giudizio altrui ma, avendo un carattere apparentemente contraddittorio e, a differenza dell’amico, è molto sicuro di se e si butta nelle occasioni che gli capitano senza pensare molto sugl’esiti finali.
La moglie di Pasquale di nome Barbara è una bellissima donna, quasi il sogno di ogni uomo, valutandone il suo fisico e il suo bel volto. Ma, avendo lei un carattere dominante, sospettoso e disfattista, Pasquale lotta soventemente contro gli eventi che gli piombano come tegole sulla testa nel tentativo di raddrizzare la sua vita coniugale. Ultimamente lui trova sempre più la depressione nascosta ad ogni angolo della città, pronta ad agire sulla sua persona degenerandola in modo stillante.
Ecco cosa è successo il 30 gennaio 2006:
A tarda sera, intorno alle 21,30 Ruggero deve effettuare l’ ultima corsa sulla linea 1 (Poggioreale – Dazio). Entrambi sono a s. G. a Teduccio e con il tram matricolato 975 Ruggero deve prendere servizio. Pasquale invece ha finito il turno ma ha poca voglia di tornare a casa, quindi gli chiede di accompagnarlo.
Saliti sul tram, sono pronti per andare a Poggioreale per poi partire da lì per compiere l’ ultima corsa della giornata.
I due amici, essendo soli sulla vettura, iniziano a parlare e scambiarsi idee e pensieri. Proprio Pasquale squarcia il silenzio coperto dallo sferragliare del tram:
- P: Ruggero, non ce la faccio più. Ho l’ impressione che a casa parlo con il muro da molto tempo, credo di non essere preso in considerazione.
- R: Certo, la tua situazione è alquanto difficile. Al posto tuo non saprei come agire. La bellezza di Barbara è stravolgente, e si culla su questo. Intanto tu muori dentro!!
- P: Si, lo so, ma non credere che sia facile; averla come compagna di vita è ardimentoso e il fatto che lei non voglia figli la dice lunga. La prossima volta, per farti un esempio di vita vuota, quando abbiamo ospiti a casa vieni a dare una sbirciata e ti renderai conto che gente ci viene a trovare…
- R: Chi sono i vostri ospiti?
- P: Tutta gente, altolocata, con la puzza sotto al naso, sulle sue… Pensa che, quando questa gente ha saputo che sono un tranviere hanno evidenziato un certo turbamento, senza mascherarlo.
- R: E perché? Sia noi che molti dei nostri colleghi abbiamo una discreta cultura, certo non siamo all’altezza di un docente universitario, ma abbiamo comunque molti argomenti da disquisire.
- P: Ruggero, non è il discorso culturale o il semplice modo di essere ma è solo cagione di apparenza... è molto avvilente! Per esempio: passando di palo in frasca... ma un nesso c’è... ho conosciuto l’anno scorso un gruppo di appassionati di tram, immagino che fossero amanti di ferrovie in generale, ma in particolare di mezzi come questo che noi portiamo ogni dì per la città. In quel gruppo c’era di tutto dal punto di vista professionale e sociale: dallo studente all’artigiano, dal promotore finanziario o di viaggi all’artista. Addirittura c’era uno che forse copre una carica di stato molto importante e, incredibile a dirsi, era tutto un gruppo unito… anzi dire “unito” è dire poco. Rugge’… non c’ erano muri tra quella gente!!!
- R: Ho compreso cosa tu voglia dire; secondo il mio modesto parere Barbara, probabilmente, si è montata la testa e si crede una blasonata e di avere acquisito uno stemma gentilizio solo perché gli affari le vanno a gonfie vele. Tu invece sei un “misero” tranviere e, per quanto tu possa lavorare bene, il tuo stipendio è sempre quello... ecco il tuo il guaio! Prima, nonostante il suo caratteraccio, che comunque le ha dato sempre quel marchio di fabbrica, era più umile e ti ascoltava di più. E poi, fratello mio, tu sei rincoglionito per lei! Certo… è tua moglie, è la tua sposa ed è anche giusto ciò che provi per lei, ma pensa anche per te.
- P: E cosa dovrei fare? Tutti i miei interessi sono morti da un anno abbondante dalla data del nostro matrimonio.
- R: E’ vero! Ma se lei ricambiasse con la comprensione e.. perché no: con l’ amore che giustamente deve esserci tra due sposi, se lei … 'nzomma... Pascà… mugliereta non ricambia!
- P: Me ne rendo conto...
- R: Riprendi ciò che hai abbandonato, riprendi a tirare con l’arco che ti piaceva tanto…
- P: Eeeeh… l’arco…
- R: Ricordo che eri quasi da Olimpiadi, ti qualificavi per gare al livello regionale…
- P: A livello regionale? Forse non ti ricordi ma stavo entrando in nazionale!
- R: Scusa se te lo dico, ma sei fesso... doppiamente.
- P: Non infierire, ti prego!
- R: Lo meriteresti! Sai cosa penso del matrimonio… il bello che sei sposato anche di chiesa.
- P: Già, la Sacra Rota, vero?
- R: No comment!
C’ è un momento di silenzio dopo un sospiro di Pasquale. La 975, guidata da Ruggero, in compagnia del suo amico, è prossima ad attraversare piazza Garibaldi dato che non è ancora in servizio e quindi non ha effettuato nessuna fermata da quando è partita dal deposito di S.Giovanni.
Pasquale si allontana dal posto di guida e si reca verso la parte posteriore del tram per osservare la città. Il traffico è molto ridotto essendo un lunedì qualsiasi in pieno inverno. I semafori rossi tentano di fermare quei pochi autoveicoli che sono ancora in giro per le strade, ma essi scappano come se avessero timore di un fantomatico coprifuoco. La serata si presenta fredda e tersa; una forte tramontana ha spazzato via le nuvole che la domenica prima ha causato una forte pioggia su quasi tutta la Campania. Il tram si è già immesso per via Casanova, la sua marcia è alquanto celere: più presto si compie il giro più presto più presto si arriva a casa. Pasquale però non vuole tornarci.
Ecco piazza Nazionale… Pasquale fa notare la bella serata limpida ma fredda al suo amico conducente, fredda come la sua anima e allo stesso tempo trasparente perché gli si legge nello sguardo ciò che sta vivendo, specie nelle ultime settimane.
Il carcere è appena passato e tra un po’ il tram si fermerà a Poggioreale per prendere servizio.
- R: Pasquale, ci prendiamo un caffettino prima di riprendere la corsa?
- P: E dove ce lo prendiamo?
Alessandroch
00giovedì 15 giugno 2006 16:23
Parte seconda
- R: Hai ragione! Partiamo subito. Quasi quasi limito la corsa sino a piazzale Tecchio…
- P: Ruggero non fare cazzate… questa è la linea 1, non la 1 barrata!
- R: Ma dai che scherzo!
- P: Vuoi fare una scommessa? Io dico che da qui sino piazza Nazionale non salirà nessuno!
- R: Per me va bene, cosa c’è in palio?
- P: Mi presti casa tua per un giorno!!!
- R: Seeee… con quel cerbero di tua moglie dove vuoi andare? E’ un bel cerbero però.
- P: Che è successo, hai fatto scuola da lei di disfattismo?
- R: Uè... a me non entra niente in tasca. Va bene, affare fatto. Chi hai intenzione di portarti?
- P: La nostra bella Emanuela…
- R: ‘O ssapevo! Vabbuo’... Quella, quando guida il tram, pensa a te… Ma io cosa avrò in beneficio in caso dovessi vincere?
- P: Ti offro sette cene nelle prossime occasioni quando si esce insieme.
Ruggero è costretto a fermare il tram perché un gruppo di ragazzi lo attendono presso la fermata.
- R: Mi dispiace… ma temo che le sette cene me le devi offrire…
- P: guagliò' tien’ ‘a ciorta!!!
- R: Il bello è che son saliti all’ultima fermata di via nuova Poggioreale…
- P: Non voglio ripetermi ma tien’ ‘o mazzo quant’ 'a Porta Capuana.
Il tempo passa e la corsa del tram prosegue, con poco percorre tutta via Casanova e, dopo la curva, immette in corso Garibaldi. Il momento di silenzio tra i due amici è coperto dalle voci dei ragazzi saliti qualche fermata prima. Pasquale si avvicina al gruppo e chiede loro dove fossero diretti. Intanto la 975 si ferma presso la fermata di piazza Garibaldi per riprendere la sua marcia. I Ragazzi scendono a piazza Sannazaro e viale Giulio Cesare divisi in due scaglioni. Più in là, verso la svolta in direzione di via Colombo, sale altra utenza. la vettura riprende la sua corsa che si fermerà di nuovo presso l’ incrocio con via Duomo per far salire una coppia di anziani.
Tra via Duomo e piazza Municipio il tram corre senza fermate intermedie; in piazza Municipio si ferma per scendere il gruppo di viaggiatori saliti da piazza Garibaldi. Ruggero aziona il controller (lo acceleratore) e il tram si avvia verso la Galleria della Vittoria. Non c’è molta gente in giro per la città per cui si trovano quasi subito dentro la medesima. In quel punto la tratta è rettilinea e Ruggero tira il tram; tra i due amici vi è ancora silenzio, come fossero in una pausa di riflessione. Pasquale vorrebbe parlare con l’amico ma non azzarda a farlo... ha timore di usare parole sbagliate o frasi che non avrebbero senso. Vuole essere molto preciso nei dettagli senza rischiare di essere frainteso. Ruggero è inconsapevole delle intenzioni di Pasquale anche se vorrebbe comprendere perché Pasquale, conoscendolo bene, gli avrebbe chiesto di accompagnarlo, notando in lui un alone di forte mistero.
La 975 esce dalla Galleria. Prima di entrare in piazza della Vittoria i due dipendenti a.n.m. chiedono alla comitiva di ragazzi se avessero potuto prendere un caffè prima di ripartire per Bagnoli. I ragazzi rispondono positivamente… anzi, ai due si accodano anche loro! Ruggero devia lo scambio verso sinistra come se volesse tornare indietro e lo lascia sul breve raccordo in curva. Tutti insieme vanno al caffè che è da sempre lì vicino. Pasquale ha dei dubbi:
- P: Rugge’ lo sai che non possiamo fermarci così senza un buon motivo del tipo “guasto tecnico”?
- R: Lo so… ma faremo in fretta! E poi non ci sono più corse, la nostra è l’ ultima.
- P: E’ vero: ma è partita da Poggioreale. Lo sai che deve giungere l’ ultima corsa che parte da Bagnoli?
- R: Pasca’… il collega non trova mica impedimento! Il nostro tram è fermo prima dello scambio. E poi sai chi è in servizio?
- P: No!!!
- R: E’ Francesco… il “vocalist”. Figurati se ci crea problemi.
- P: No… per carità!! Francesco è fantastico….ok, mi hai convinto!
Pasquale, rassicuratosi, si unisce al suo amico ed al gruppo di ragazzi. I ragazzi e i due tranvieri fraternizzano tra loro; il giovane gruppo di amici è molto incuriosito da questi simpatici individui.
Il caffè è fugace, infatti, dopo averlo consumato e pagato il conto, con celerità si avviano tutti verso il tram in sosta sulla deviazione che ritorna verso lo stazionamento di piazza Vittoria.
Proprio in quel momento arriva dalla direzione opposta il tram di cui si era parlato.
Ruggero aveva indovinato il tranviere, infatti era Francesco alla guida del Sirio 1118; ma la provenienza non è dal Dazio, bensì da piazza G. B. Marino. La tabella del tram di Francesco indica infatti la linea 2 (G.B. Marino- Poggioreale).
- P: Rugge’… meno male che hai indovinato il tranviere…
- R: Perché se fosse stato un altro? O avresti preferito Emanuela, fetentone?
Francesco ferma il suo tram al punto di fermata e, notando i suoi colleghi, rivolge loro un amichevole saluto notando dove hanno “parcheggiato” la carrelli: “Uee… Buonasera!!! ma che fate? State sempre a pazziare?”
- R: France’ dove ti porta la rotaia?
- F: E dove mi deve portare? A Poggioreale!!!
- R: Ma dove lasci poi il tram?
- F: A Fuorigrotta.
- P: Ma non dovevi stare sulla linea 1?
- F: Nooo… Quando mai…
- P: Hai visto? – Rivolto a Ruggero.
- R: Hai visto cosa?… Vabbuo’.. jamm’ ia; i guaglioni se n’ hanna j' a casa! France’ ci vediamo domani.
- F: Si, è il caso che parta, altrimenti non arrivo più a casa!!! Nun me facite perdere tiempo!”
- P: Va bene my Lord!!!
- R: Lascialo stare… Buona notte!!!
Francesco parte con il suo Sirio cantando il “Falstaff” di Verdi.
- P: Ruggero, giacché siamo qui perché non facciamo un po’ retromarcia e spostiamo gli aghi dello scambio per Fuorigrotta?
- R: Nooo, secondo me, utilizzando il raccordo davanti al Mattino, ci ritroviamo qui senza problemi.
- P: Rugge’ dobbiamo rimettere lo scambio “del Mattino” verso Acton, una volta passati…
- R: E qual’ è il problema?
- P: Com’ è qual’ è il problema? Se in direzione se ne accorgono, passiamo i guai.
- R: E’ vero, ma passiamo più guai se, facendo retro marcia, urtiamo qualche autoveicolo o qualche nostro autobus. E’ vero che è una serata fredda e che quasi nessuno va in giro, ma pensa che macello succede se dovessimo tamponare una macchina o peggio un autobus. Invece, se dovessero scoprirci, possiamo impapocchiare che lo scambio non ha funzionato e che abbiamo tentato una seconda volta facendo il giro dell’ isolato utilizzando il raccordo che da via Arcoleo gira per via Morelli.
- P: Ma…
- R: Aspetta: vediamo cosa ne pensano i ragazzi: Cosa ne pensate?
All’ unanme: “ Si, facimm’ o' giro!”
Così è andata! Pasquale, sempre titubante, accetta come se avesse ubbidito ad una decisione fortemente carismatica.
Il tram compie velocemente il giro del palazzo (che strana cosa). Nel frattempo Pasquale, per evitare complicazioni con eventuali viaggiatori diretti verso il centro città, mette, nell’ apposito vano di indicatore di linea, la scritta fuori servizio. Nel momento in cui la 975 è di nuovo sulla tratta Vittoria – Dazio, Pasquale riporta la tabella 1, linea reale di servizio.
I due amici attraversano tutta la Riviera di Chiaia senza fermarsi sino ad arrivare in via G. Bruno. Lì un altro gruppo di ragazzi sono fermi ad aspettare il tram. Salgono. Ruggero mette in azione il
Alessandroch
00giovedì 15 giugno 2006 16:25
perte terza
controller e… via, verso piazza Sannazaro. Parte dei ragazzi scendono e salutano sia i loro amici che i due tranvieri.
Passano pochi secondi e il tram, visto dall’esterno, scompare entrando nella Galleria Laziale. A Ruggero frulla nella sua mente una domanda che vuole una risposta sincera da Pasquale, infatti non perde tempo:
- R: Pasquale, ma perché mi hai chiesto di accompagnarmi?
- P: Non c’è un perché... non è la prima volta che succede.
- R: E’ vero… non è la prima volta; ma in altre occasioni non c’erano momenti di silenzio.
- P: Ok... giochiamo a carte scoperte: voglio dividermi da Barbara! E’ troppo diversa da me.
- R: L’ avevo intuito! – C’ è un altro momento di silenzio e profonda riflessione-. All’Altezza
di piazza Italia Ruggero inizia a far domande infinite a Pasquale:
- R: Ma lo sai che ti infinocchia e a te, volente o nolente, deve piacerti egualmente?
- P: Come ti ho detto un’ora fa, non la sopporto più!
- R: Per me tu devi essere più forte, più maschio. Porca miseria! Ma chi porta i pantaloni a casa?
- P: Lei !!!!
- R: Ma vaff… Pasquale... svegliati! Tu sei un bravo ragazzo, sei piacente, hai un bel fisico e le ragazze ti apprezzano... lascia perdere quei manichini incartapecoriti degli amici suoi. Ma che cacchio, sei tu che vai in chiesa ogni santa domenica, possibile che non c’è un fesso che ti indichi la strada giusta? Possibile che nei Vangeli o nelle Sacre Scritture non ci sia una scappatoia? Pasquale, mi spiace dirlo, ma sei diventato succube di quella persona. Scrollati di dosso questo torpore usurante. Parla chiaro con Barbara, sii schietto e dille senza incertezze cosa vuoi; divertiti. Se vuoi ti lascio le chiavi di casa mia per una settimana e strapazzati chi vuoi tu, Emanuela , Giovanna, Ermenegilda oppure riprendi le tue passioni, che sono tante.
- P: Hai ragione… fanculo a lei!!! Quando torno a casa gliene dico quattro. Ti ricordi che seguivo dei corsi di storia e filosofia e in azienda mi sfottevano?
- R: Già… e ricordo che avevi certi argomenti niente male. Tu devi tornare ad essere come in quei periodi.
- P: Si…
Ruggero si accorge che l’ amico non è convinto. Dopo il breve discorso appena fattogli ha notato che non era cambiato nulla. Il conducente della 975 si rende conto di aver a che fare con uomo- larva, con una persona inebetita. Una volta non era così, una volta Pasquale era vivo ed aveva voglia di vivere. Ma perché si è sposato con quella donna? Possibile che non aveva compreso la natura devastante di Barbara? Come ha fatto ad abbindolarlo?
Il tram è arrivato a piazzale Tecchio. Pasquale vuole scendere e arrivare a casa a piedi. L’ amico invece lo esorta a rimanere; [Al ritorno] Ruggero è disposto anche a deviare sulla linea 2 che passa proprio sotto casa dell’amico. Lo convince. Pasquale è una persona che si convince molto facilmente. Viaggiano insieme sino al Dazio. Pasquale rompe il silenzio e dice all’amico:
- P: Lo sai che nella squadra di calcio del Napoli ha militato un portiere che abitava in via Cumana e per andare ad allenarsi prendeva il tram?
- R: Ecco cosa mi manca di te: ossia che cambi discorso con estrema facilità.
- P: Ma io sono sempre io…
- R: Assolutamente no!!! Prima, per il tram che abbiamo lasciato sul raccordo di ritorno in piazza Vittoria, eri paranoico. Non riesco a capirti: hai un problema di esistenza e te ne esci con ‘sto fantomatico portiere che prendeva il tram per andare allo stadio?
- P: Il bello è che ha vinto uno degli scudetti del Napoli.
- R: Ma cosa metti nel latte la mattina, allucinogeni? Pasquale, il turno lo finiamo presto: non c’è anima viva che voglia prendere il tram… mo tiro…
- P: Stai attento…
- R: Scusa… attento a chi?
- P: Non si sa mai… qualche bambino che gioca… qui in via Diocleziano ce ne sono.
- R: Tu,per me, sei rincoglionito del tutto: come possono esserci bambini CHE GIOCANO alle 11 di sera in pieno inverno con una tramontana che ti blocca il processo di invecchiamento all’istante?
- P: Dai che ti sto sfottendo…
- R: mah… non saprei...
- P: La verità è che mi sto distraendo da me stesso.
- R: L’avevo compreso. Pasquale, posso essere sincero con te?
- P: Guai se non lo fossi…
- R: Appunto; questo turno mi sta pesando… stiamo parlando delle stesse cose da quando ho preso 'sto cacchio di tram… capisco che il tuo problema è molto serio e va affrontato con estrema obbiettività ma tieni presente che c’è gente che sta peggio di te, per cui vorrei, se fosse possibile, di non piangerti addosso!
- P: Forse hai ragione... ma non sai cos’è il matrimonio. Può essere che io esageri; può essere che davvero, come tu dici, io sia una larva... ma tu non vivi le mie realtà familiari. Forse esagero anche in ciò che sto per dire: sospetto che Barbara mi tradisca, che abbia un amante.
- R: Ma allora è quasi fatta: ragioniamoci un po’su: se i tuoi sospetti sono fondati, è chiaro che c’è una stanchezza da parte sua nei tuoi confronti spinta anche da un altro interesse sentimentale, quindi lei agisce così perché, in un certo senso, ha paura anche lei nel parlarti.
- P: Tu dici?
- R: Non ne sono sicuro ovviamente, però potrebbe essere una probabilità.
- P: tu dici?
- R: Ti inviterei a rifletterci, mo che si torna a casa ne avrai la conferma , giusto?
- P: tu dici?
- R: Vabbe’ Pasqua’... io dico... ma devi dire pure tu… non fai altro che ripetere “tu dici, tu dici…”
- P: Invece stavo proprio riflettendo.
I due amici stanno per arrivare in piazza Pozzuoli. Da quelle parti di Bagnoli, il vento è meno forte grazie alla collina di Posillipo che frena un po’ la tramontana. Pasquale si siede nella parte posteriore del tram e rimane in silenzio. Da piazzale Tecchio sino a quasi il capolinea del Dazio sono saliti e scesi altri viaggiatori. I nostri amici sono arrivati in via Pozzuoli. Si sente l’odore del mare. Nonostante l’oscurità della notte invernale si vedono benissimo capo Miseno, Ischia (quindi il monte Epomeo) e tutta la costa della zona.
Si fermano al Dazio. Nella guardiola dell' Azienda non c’è nessuno. Ruggero sostituisce il cartello di indicazione con il “fuori servizio” che Pasquale ha usato quando hanno fatto il giro dell’isolato in piazza Vittoria. Pasquale chiede al collega come sarebbe tornato a casa. Per lui non ci sono mai complicazioni. La 975 doveva tornare in deposito a Fuorigrotta e lì ci sarebbe stato il custode, soprannominato affettuosamente da tutti i tranvieri napoletani “tram c’ ‘a recchia ‘nterra”, che lo avrebbe accompagnato.
Il tram riparte per il deposito. Pasquale è sempre seduto dietro in silenzio che rimugina... che pensa. I suoi pensieri però gli fanno da sonnifero e si addormenta. Ruggero se ne accorge, quindi ne approfitta per andar un po’ più veloce senza comunque eccedere. Dopo un po di tempo Ruggero raggiunge lo scambio dello Sferisterio, lo devia a sinistra per raggiungere il deposito. Sveglia Pasquale per dirgli che lui è ormai arrivato.
• R: Pasquale, vedi che tu sei arrivato
• P: Ok, me ne vado a piedi…
• R: Aspetta che entro in deposito e poi ti possiamo accompagnare
• P: No, fin quando registri tutto faccio molto prima ad andare a piedi.
• R: Come vuoi tu, dai mi fermo qui in curva, prima di entrare in deposito.
• P: Vabbuo’. Ciao e buonanotte.
• P: Ciao
Ruggero entra con il tram in deposito che lo lascia in uno dei capannoni per la verifica delle parti meccaniche per l’ indomani. Sbriga anche le parti burocratiche di prassi e poi insieme al custode vanno via.
Arrivati in via Cintia il collega di Ruggero si ferma per farlo scendere dalla macchina, un breve saluto e poi finalmente via verso casa. Apre il portone, sale le scale in fretta, abita al secondo piano dello stabile, varca la soglia di casa, si spoglia e si fa una bella doccia calda. Dopo consuma un pasto frugale e veloce per poi coricarsi. La lettura di un fumetto lo porta subito tra le braccia di Morfeo. A stento riesce a spegnere la luce della abatjour….
Intorno alle 3 del mattino di martedì 31 gennaio lo sveglia una telefonata…è Barbara la moglie di Pasquale, lei insiste nel raggiungerlo al più presto…
• R: Certo amore mio, lo sai che sono sempre sveglio per te.
Data la poca distanza tra le due abitazioni e data la mancanza di traffico, Barbara raggiunge Ruggero in venti minuti. Lui la fa entrare ed inizia una travolgente passione tra i due.
Pasquale scopre tutto ciò che non era alla luce del sole da lì a 5 o 6 mesi ottiene la separazione dalla moglie.
L’amicizia finisce tra Pasquale e Ruggero, però rimane il rispetto di due colleghi che si son voluti bene per anni. L’amicizia finisce... ma rimane il rapporto lavorativo alimentato dal buon senso e dalla coesistenza professionale.
Tra un anno sarà Ruggero ad aver problemi con Barbara; quella donna può cambiar uomo, ma non cambia il suo carattere. Tra un anno sarà Ruggero ad aver bisogno dell' amico di una volta.
Pasquale andrà a vivere su al Vomero e sarà un perfetto single. Emanuela, la bella tranviera, ogni tanto gli farà visita ed insieme si divertiranno. Il loro rapporto, comunque, si baserà su una notte di passione, ogni tanto,oltre ad un sicero rispetto l’ uno per l’ altra.
Ruggero si dispererà talmente che un dì si toglierà la vita. Tale avvento darà molta tristezza al suo amico, d’ innanzi alla morte non c’è tradimento che tenga, non c’ è rancore; la perdita di una persona cara è un macigno troppo pesante e Pasquale cancellerà tutto ciò che è successo l’ anno precedente… ma è anche vero che la vita continua.
Anche per Ruggero Barbara si è rivelata una spina nel fianco ed è stata una spina avvelenata!
La differenza tra i due era che Pasquale metteva fuori le sue tristezze e le sue angosce, con il rischio anche di essere schernito, modo di agire che tutt’ ora mette in pratica. Ruggero, al contrario, per orgoglio e per far vedere che era un duro, non parlava con nessuno e questo gli sarà stato fatale, ahi lui!




Alessandro Cervarich
Alessandroch
00venerdì 16 giugno 2006 01:40
Dai ragazzi.... vorrei una vostra critica [SM=x346220] [SM=x346220] [SM=x346239]
Alessandroch
00mercoledì 25 ottobre 2006 14:02
la tua eternità
Il vento, un alito di vita
la foresta, una dimora
il fuoco, una vita accesa
l' acqua, la freschezza
la terra, a cui qualcuno le ha dato il potere di nascita,
morte e resurrezione
scambio di sguardi, un' unione primordiale ancestrale e lisergica più forte delle parole.
la vita, un granello donato
l' amore e l' amicizia, uniti dallo stesso Creatore
il pianto e la carezza, molecole nostre a sentimenti immortali.
Tu, ai miei occhi, sei tutto questo: l' eterno in te



Alessandroch
00mercoledì 29 novembre 2006 19:06
Lidia
Scappare, ridendo come bimbi...
l' avidità di correre ti fa arrivare tra i primi.
Un amico, vedendoti, è allibito.
Tu, rossa in viso che il vento colorisce

Tua madre felice nel vederti
affaticata e fausta ridi con innocenti trastulli.
I detti dissennati intrattengono gli edotti
ameni momenti allontanano per poco i giusti studi di ogni anima.

Sogni la sposa e la madre
sogni gli angoli della tua casa
pervasa da colorati giochi
senti i pianti dei bimbi perchè fattisi male.

Ma tornando a casa piangi silenziosa.
Entri in casa e piangi silenziosa.
Ti chiudi in camera e piangi silenziosa.
Mi guardi taciturna.
I tuoi passi silenti e mesti...
I momenti ilari sono scaraventati giù
in un angoscioso baratro.

Per te taccio.
Le tue parole, come un freddo coltello nelle carni di un difeso agnello, squarciano il silenzio un tempo soffocato da grasse risate: "Dovrò incontrarlo!!"

Comprendo...
Vorrei essere il tuo scudo.
Comprendo...
dovrai essere sola...
Prego per te... Serena!!!

Alessandroch
00venerdì 5 gennaio 2007 09:35
Un pensiero per voi
Carissimi,
sono al Corto Maltese di Lecce...solo!!!
Vorrei dettare ciò che vorrei scrivere.
Vi amo tanto e vorrei essere con voi sul Megaride, ma ho una croce da sopportare e trascinare.
Qui, nella mia solitudine e ansimando la vostra presenza, ho molta paura. Vi pregherei di non abbandonarmi, amici miei.
Vi pregherei di ascoltare il mio pensiero per voi, vi pregherei di credere che la mia potenza non la userò contro chi mi fa del male... la userò quando il tempo sarà dei maturi tempi.
La mia paura è forte e voi siete lontani, ma sono consapevole che in spirito mi siete vicini, amici miei.
Vorrei farvi conoscere il mio cuore, la mia anima, i miei innocenti sorrisi e le mie grasse risate.
Vorrei farvi sapere che ciò ciò che si disprezza si potrebbe amare.
Io amo l' uomo anche se mi fa del male, mi rinnega, si dimentica di me... ma voi, amici miei, statemi vicino anche se siete ignari su ciò che mi accade adesso.
Lo so!!! Non potreste saperlo e mai saprete la mia fine (o inizio) perchè correreste nel salvarmi... non ce ne sarà bisogno per l' amore per la vita che ho dentro; vi ringrazio infinitamente.
Ricordatevi i nostri discorsi e cosa abbiamo imparato per amore verso il prossimo, fratelli miei.
Non c' è null' altro da scrivere; sono triste ma ci sarà gioia...tanto giubilo. [SM=x346220]
mark815
00venerdì 5 gennaio 2007 19:01
Veramente belli questi pensieri Ale..
Sei un grande!!
[SM=x346220]
Francesco Angrisani
00venerdì 5 gennaio 2007 22:29
Un pensiero per voi
Condivido in pieno il commento di Maurizio Pannico
[SM=x346220]

[Modificato da Francesco Angrisani 05/01/2007 22.30]

BiagPal
00venerdì 5 gennaio 2007 23:09
Davvero belli. Bravissimo Ale [SM=x346220] .

[Modificato da BiagPal 05/01/2007 23.09]

Alessandroch
00lunedì 8 gennaio 2007 09:45
Grazie!!!
Volevo solo chiedere scusa se non ho precisato che le parole scritte in "Un pensiero per voi" hanno una filosofia di vita e speranza. Un ringraziamento a tutto e un saluto conseguenziale.

X Francesco E. : Scusa!!! I' m sorry [SM=x346249] [SM=x346225] [SM=x346228]
Alessandroch
00lunedì 8 gennaio 2007 10:24
X BiagPal
Vedi che ci sono altri miei racconti
Alessandroch
00giovedì 11 gennaio 2007 09:41
Sto per trascrivere un pezzo molto romantico [SM=x346239]
Cori x
00venerdì 12 gennaio 2007 04:17
ho letto solo il primo pezzo di queste 4 pagine...ma giusy dov'è finita? So che dovrò pur farmi una padellata di caaa...voli mia però boh ho letto una bella favola della buona notte

e come disse il biscardo: Denchiu..
Alessandroch
00martedì 16 gennaio 2007 12:03
x Cori x
Giusy è una persona realmente esistente, non fa la tranviera e non vive a Napoli. Quella vicenda è pressocchè vera perchè ruguarda un incontro avvenuto a Napoli in settembre del 2004.
E' chiaro che ci sono cose inventate come per esempio i tram che vanno ancora al Dazio di Bagnoli e altri particolari.
Una favola? Certo che lo è... [SM=x346239]
Alessandroch
00martedì 16 gennaio 2007 12:21
Eterna
Fiore di ogni campo
seme di ogni albero di ogni monte
atomo di ogni vento che accarezza la pelle dei bambini
viva luce dei tuoi occhi, lanterne che squarciano il buio.
Bella signora, questo insulso alchemico individuo ha realizzato pozioni magiche colorate:
Arancione: rende più squisiti i frutti della terra.
Rossa: per la passione.
Blu: per il mare, che rende le sue acque dolci come quando sorgono dalle rocce di un monte.
Nera: per scrutare il cielo e le sue stelle; sarà come se tu fluttuassi nel pieno cosmo.
Ma quella particolare è incolore; sembra semplice acqua da bere.
Se ne igerisci un po' e pensi ad una persona in quell' istante te ne innamori... a me è capitato di berla pensandoti!!!
Non ho nessun antidoto...forse non ne vorrei mai realizzarne uno!
Tu dolcissima strega
essere da sinuose curve
essere profumato di essenza di cedro del Libano.
Volto di speranza e di attesa, volto di ammaliante sorriso.
Tu, spendida e fragile bambolina di ceramica.
Ti prego, scegli di conoscermi. Segli, ti prego, di parlarmi di te. Segli la mia strada perchè io, la tua, l' ho cercata e la percorro dall' inizio dei tempi.
Scegli le mie mani, il mio volto. i miei occhi. Scegli, ti prego, il mio battito vitale, il mio respiro, il mio odore.
Se tu vuoi, scegli me!!!!



Alessandroch
00mercoledì 30 gennaio 2008 13:14
Novità:
Ho già scritto una storia ambientata negl' USA nel mezzo delle guerre Indiane e sulla Frontiera che spariva.
Questo racconto è dedicata ad una persona per me molto speciale [SM=x346227] e che ha già ha letto "l'opera".
L' ho scritta in Inglese (Antonio,non ridere [SM=x346249]) ma qui la scriverò ovviamente in italiano.
XJ6
00mercoledì 30 gennaio 2008 18:44
Mettila pure in inglese ...
... prometto che riderò sottovoce [SM=x346236]

[SM=g8806]
Alessandroch
00giovedì 31 gennaio 2008 13:50
No... la scrivo in italiano anche perchè ho più padronanza di ciò che voglio raccontare. Comunque è stata capita e apprezzata nonostante le difficoltà linguistiche. Evidentemente chi l' ha letta mi capisce [SM=x346227]
Francesco E.
00giovedì 31 gennaio 2008 15:40
Chi è? Il traduttore universale di Star Trek? [SM=x346231] [SM=x346231] [SM=x346231] [SM=x346231]

Scusami.... te la sei proprio cercata! [SM=x346231]


Cmq... i versi mi piacciono, complimenti! [SM=x346220]
Alessandroch
00venerdì 1 febbraio 2008 13:43
x Francesco E
Vedi che non parlavo di "eterna" , ma è un nuovo racconto ambientato negl' anni '70 del 1800 negl' Stati Uniti; è la storia di un guerriero-capo Lakota (Sioux) a di una ragazza Cheyenne. Sto aspettando a scriverlo nel forum solo che lei (ossia colei a cui ho dedicato questa storia) mi mandi il titolo perchè ho voluto che Julia lo scelga.
(mi sa che la conoscerete presto [SM=g8806])


Francesco E.
00venerdì 1 febbraio 2008 14:28
[SM=x346228] e mi rispondi pure... sei disarmante!
Alessandroch
00lunedì 4 febbraio 2008 13:59
Infatti, quando mi fermano i carabinieri e la polizia mi cedono le loro armi. Succede lo stesso quando mi vogliono rapinare armi in mano... si sono disarmante [SM=x346251] [SM=g9422]
Alessandroch
00venerdì 12 dicembre 2008 12:10
nuova storia:
ambientata nella Russia del secondo conflitto mondiale. Ieri ho mandato ad Augusto il materiale.
X Augusto: aspetta a postarla, ok? [SM=x346220]

Ho dimenticato del tutto di postare il racconto dei pellerossa [SM=x346225] [SM=x346249]
deltayulek
00lunedì 29 dicembre 2008 08:15

VOLO KIEV - NAPOLI. UN AMORE, SOVRANO DEL TEMPO

Napoli, anni ’80… Nel quartiere di Fuorigrotta in una palazzina in via Giuseppe Testa nei pressi della stazione della metropolitana di Cavalleggeri Aosta, due generazioni si incontrano.

Un uomo di 70 anni, tale Alessandro Galli, pensionato, ex- tramviere per l’ azienda dei trasporti pubblici napoletana conosce un ragazzo che studia lingue all’ Orientale di Napoli e che ha trovato un piccolo appartamento in quella zona della città. Questo giovane, anche lui di nome Alessandro, è amante delle lingue slave, quindi ha scelto di studiare il russo e le lingue attigue, come l’ ucraino, il bielorusso,etc.

Alessandro, il giovane studente, è una persona incuriosita dalla voglia di conoscere, sempre alla ricerca di storie vissute da ascoltare. Ha una bella e profonda relazione d’amore con una studentessa kieviana venuta in Italia per un progetto di scambio tra l’ Università partenopea e quella di Kiev. Per loro fu un colpo di fulmine, si conobbero un anno prima ad una serata organizzata alla Mostra d’ Oltremare, sempre a Fuorigrotta, dalle medesime con scambi culturali e musicali. Scoppiò, senza che la cercassero, la classica scintilla che accese un amore vero e molto profondo. Passarono insieme tutto il tempo , mai scaturiva un litigio e, nei pochi momenti di incomprensione, la pazienza dell’ uno e dell’ altra, trovavano la soluzione per ogni cosa. Chi li vedeva aveva nello stesso tempo un po’ di invidia e compiacimento, eran fatti l’uno per l’altra. Ma si sa: gli studenti od operatori di similari progetti vengono ospitati dai paesi stranieri per circa un anno e per Julia, ahimè, il tempo sta per terminare: tra meno di una settimana la ragazza dovrà tornare a kiev. I due discutono circa la loro imminente separazione forzata ed entrambi versano lacrime perché non vogliono dividersi. Insieme si completano e sarebbe uno schiaffo all’amore perchè due persone, così innamorate, si devono dividere contro la loro volontà.

L’ anziano tranviere, abitando nello stesso pianerottolo, fortemente sensibile, non ha potuto fare a meno di sentire i ragazzi piangere. Ogni volta che li sente soffrire, il suo cuore si spezza in due per la tristezza.

Il tempo passa inesorabile e il giorno della partenza di lei è arrivato. I ragazzi non fanno altro che essere in lacrime, non fanno altro che abbracciarsi, l’ultima notte vorrebbero fare l’amore ma tante sono le emozioni, la paura di vivere lontani l’uno dall’altra che non ne sono più capaci di farlo, così decidono di abbracciarsi per tutto il tempo dicendosi frasi eterne che è molto raro sentire. E’ giunta l’alba. L’aereo per l’Ucraina è per le 10. Verso le 7 escono di casa. Piangono a viso nascosto. Il vecchio li sente, anche lui è coinvolto, anche lui spende una lacrima per quei poveri e meravigliosi figli. Vorrebbe parlare loro, dire qualcosa, ma non trova il coraggio per farlo. Non può fare altro che lasciarli andare. Devono raggiungere Capodichino, è alquanto lontano da Cavalleggeri, devono prendere la metropolitana che li porta sino a piazza Garibaldi e da lì dovranno prendere l’ autobus dell’ aereoporto .

La ragazza di kiev è molto bella. Ha ragione quel povero figlio a piangere.

Nel silenzio del suo appartamento, Alessandro, il tranviere, si prepara il consueto caffè. Pensa a quella giovane sfortunata coppia, pensa al suo passato in Russia e pensa che allo stesso tempo è anche fortunata: è davvero difficile saper amare, è davvero difficile denudarsi di tutte le proprie armi e divenire del tutto vulnerabili di fronte alla persona che si ama; quei ragazzi lo hanno fatto, si sono conosciuti in toto e l’amore li ha premiati, ma non il destino; è come se in qualsiasi punto del cosmo l’Amore e il Destino assoluti abbiano fatto a botte l’uno contro l’altro, vincendo o perdendo entrambi. Ma la vita ha sempre qualche asso nella manica, chissà….

E’ mezzogiorno: il tranviere sente l’ arrivo del ragazzo. Accidenti: queste porte e queste mura sono sottili sembra che non ci siano, si sente tutto. In quel condominio nessuno può aver segreti. L’anziano vorrebbe parlargli, ma non lo fa. Sente il ragazzo entrare nel suo appartamento; il tranviere esce dal suo per sostare sull’uscio d’ ingresso di casa sua: sente piangere… rientra a casa per iniziare a cucinare qualcosa per il pranzo.

I giorni passano e la vita continua. Qualche volta , la sera, Alessandro il tranviere, raggiunge gli amici di sempre al dopolavoro. Lui filosofeggia con gli amici e, in quell’ occasione, racconta loro la storia dei due giovani, coinvolgendo del tutto anche loro. Alessandro è appassionato di musica. A volte lui e i suoi amici organizzano cene, essendo anche ottimi cuochi. A volte vanno al teatro e, per non cambiare le abitudini, si organizzano per un giro in tram. Da piazzale Tecchio sovente che prendono la linea 1 che si reca al centro visitando poi qualche libreria o prendono il caffè e poi tornano. Il tranviere, analizzando la propria vita, non dimentica quell’ ennesimo incontro tra Ucraina e Italia rappresentata dai due ragazzi.

Un giorno, tornando a casa, il tranviere incontra il giovane Alessandro, si salutano e chiacchierano su tante cose: l’ Università, la filosofia, sulla squadra di calcio del Napoli (che forse è l’anno da scudetto)e di donne. Il tranviere, grazie al suo amore per la filosofia, è abile a far parlare la gente, così, invitando il giovane studente a casa per un caffè, iniziano a scambiarsi le proprie emozioni, i propri pensieri come fossero coetanei. Stimolando la curiosità del bel giovane, gli chiede da dove venisse quella bella ragazza tanto importante per lui:

-Dall’ Ucraina, da Kiev precisamente- Gli risponde.

-Che combinazione!- gli dice con un tono teatrale (In realtà il tranviere aveva capito da dove venisse quella ragazza, riconoscendo un po’ l’accento)

Pensando al suo passato, l’astuto vecchio cerca la giusta formula per alleviare i dolori d’amore dello studente, preludendo così:

-Ti devo confessare una cosa- dice al giovane ignaro- ti ho sentito piangere, e ciò mi è dispiaciuto molto. Perdonami, ma qui le mura dello stabile sono sottili.-

Un po’ sorpreso Alessandro, lo studente, lo rassicura: - non si preoccupi, mi dica.

-Ho combattuto in Russia durante la seconda guerra mondiale, lo avresti mai immaginato?

-No, è qualcosa di molto personale, come potrei saperlo?

-Già! Hai perfettamente ragione

- Immagino- continua lo studente- che, leggendo articoli o riviste al riguardo, o vedendo documentari in televisione non credo affatto che sia stata una passeggiata,l’odio, la morte e la sofferenza è ancora viva in chi può ancora raccontare.

-Si, caro ragazzo…. Erano tempi davvero duri e non comprendo ancora chi è più fortunato se chi è caduto durante quell’atroce conflitto o chi è sopravvissuto come me.

Io, dopo decenni dalla fine della guerra, ho ancora gli incubi, visioni, che credo non mi lascino più, integrate nel più profondo anfratto del mio animo. Continuo a piangere ancora oggi per ciò che vidi e che non auguro a nessuno.

-Quindi Il regime la mandò in Unione Sovietica?-gli chiede l’erudito ragazzo.

Dammi del tu, Alessandro. Siamo vicini di casa, hai il mio stesso nome e sono contento che tu mi fai domande; non deve esserci distanza tra noi.

-Il Regime mandò il mio reparto, appartenente alla Divisione Julia, lo stesso nome della tua bella, contro l’ Unione Sovietica. L’Armata Rossa era ben addestrata alle intemperie, considerando che, comunque, era casa propria. Il freddo, circa i 40 gradi sotto lo zero, era talmente estremo che non si riusciva ad aver nessuna emozione tranne la paura o l’odio verso i soldati avversari. Vedevo i miei compagni cadere come birilli a causa del fuoco nemico; noi ci difendevamo bene, tanto che gli Alpini furono rispettati per la loro tenacia. In combattimento noi non ci facevamo caso ai commilitoni che morivano, qualcuno avrà anche pensato: “meno male che non è successo a me!”

-Tu lo hai pensato ?

-Tante volte, Alessandro, tante volte; adesso provo un rimorso che uccide l’anima…. Ripeto: non so se sono stato fortunato a sopravvivere.

-Ma c’è una storia in questa storia- rammenta il vecchio tranviere- durante il ritiro dal Don, non ricordo come, mi allontanai dalla grande colonna,perdendomi. La visibilità era pressocchè nulla, e non ricordo se mi feci prendere dal timore di perdere la vita. Da un lato cercavo la sorella morte, ma dall’altra parte c’era l’istinto di sopravvivenza che mi faceva camminare in destinazione ovviamente ignota. E’ probabile che camminai per due o tre giorni, non sono in grado di definire e non chiedermi come feci a sopravvivere. Fortuna volle che trovai una “fèrma” che in lingua ucraina significa “fattoria”, in realtà era un’ isba o hata. Mi precipitai per trovar rifugio e per mangiare. Notai che usciva del fumo dal comignolo e andai alla porta, bussai con violenza, gridai più volte in russo “cibo per favore” - Jeda pozalujsta- traduce il ragazzo. –Ottimo figliolo !!! –Il tranviere continua a raccontare: -Gli abitanti evidentemente credettero che chi bussava fosse un soldato sovietico e aprirono subito la porta. Videro un soldato italiano, o meglio: un tranviere napoletano sradicato dal suo bel tram per andare a uccidere o a farsi ammazzare da tranvieri russi.

-Cosa successe?

-Non lo so, svenni per lo stremo. Mi risvegliai in casa, sul pavimento. Ancora non so spiegarmi perché non mi uccisero; forse per compassione o capirono che ero inerme. Quando mi svegliai mi puntarono un fucile addosso. C’ era solo una giovane donna e, immagino, il suo anziano padre. Nei lunghi momenti di silenzio, atterrito mi guardai intorno. Il camino era grande, tutto era in legno e varie vettovaglie in alluminio, molto usate dal loro stato di degrado, notai un portaritratto con una foto: c’era quella giovane donna che mi gridava in sovietico con un giovane uomo, supposi che quello fosse stato il marito e che, chissà, forse in quel momento combatteva contro i nazisti o che in quel momento fosse anche morto, magari ucciso da me.

Conducevano una vita per niente facile; erano sotto il dominio dello Stalinismo e, con l’evento del conflitto mondiale forse il governo Sovietico dava qualche sostentamento in più alle famiglie dei soldati russi, dato che la maggior parte degli uomini era lì a sparaci addosso e noi a sparare loro. So che Stalin, per liberare gli stati sovietici dalla minaccia nazista convinse il popolo come suoi cari “compagni patrioti” senza macchia, pronti a morire per lui. Che starno: prima portò allo stremo la gente e poi, per respingere quell’ altro matto di Hitler, tutti divennero eroi ai suoi occhi.

-Cosa successe in quella fattoria o hata e dove era ubicata?

-Compresi dopo che era in Ucraina ai confini con la Russia. Quella gente semplice mi immobilizzò e mi gridava in russo. Vidi terrore nei loro occhi, ma io ero più terrorizzato di loro, mai ho implorato così tanto in vita mia. Il vecchio era pronto a tutto pur di difendere colei che supponevo fosse la figlia o la nuora. Lei era davvero bella! Io cercavo di far capire che non avevo cattive intenzioni, ero molto stanco di uccidere o di rischiare di essere ucciso, non capivo perché succedeva tutto quella mattanza umana in quei terribili anni.

Con dei gesti cercavo di farmi comprendere, volevo mangiare qualcosa, riposare, volevo tornare a casa, volevo guidare i tram a Napoli.

Anche loro volevano comprendere cosa dicevo. Dopo ore di tensione tutto si stava trasformando in curiosità ma mai abbassavano la guardia. In quel momento entrò un’anziana donna. La poverina, appena vide la scena, grido per il terrore. La giovane donna parlò in tono alto alla vecchia; compresi che era la madre, da quel poco che conoscevo del russo sentii dire la parola “maty”, che poi scopersi che era lingua ucraina. Discussero molto sulla situazione, non capivo cosa dicessero perché parlavano velocemente. Credevo che sarei morto di lì a poco. Non fu così. Dopo molte ore di dubbi, perplessità decisero di nutrirmi dandomi una ciotola piena di non so quale cibo; non mi importava nulla, mi avventai su quella coppa, mangiai con tanta foga che non passò un minuto per finirla. Me ne diedero una seconda che consumai con un po’ più calma. Mangiai sempre sul pavimento. Compresero che non avevano motivo di preoccuparsi per la mia presenza ma continuavano ad essere guardinghi . Avevo molto prurito dovuto dalla poca igiene. In quelle circostanze non si pensava a lavarsi, a prendersi cura della propria persona come è giusto fare in condizioni normali. Desideravo lavarmi, levarmi di dosso quello straccio di divisa . La donna giovane comprese questo e parlò con il vecchio; ci misero un po’ per decidere ma alla fine mi diedero la possibilità di lavarmi; loro prendevano da fuori la neve per poi scioglierla sul fuoco perennemente acceso. La casa era discretamente calda. Mi fecero entrare in un’ area separata da una tenda scorrevole: era ciò che per loro era il bagno. Lì ci si poteva lavare.

Il freddo mi era entrato nelle ossa, non riuscivo a levarmi la divisa, ricordo che il mio cattivo odore era pungente, ma d’altronde, come potevo lavarmi; nessuno di noi poteva farlo, ne italiani, ne russi e ne tedeschi… era orribile!!! Provai una vergogna che mai dimenticherò. La vecchia entrava e usciva dalla fattoria per racimolare più neve possibile per poi scioglierla sul fuoco, producendo così acqua calda.

Ero tanto imbarazzo, e temevo comunque che quella gente cambiasse idea sulla mia sorte, pensavo a mille cose, ma non pensavo a difendermi perché non avrei mai avuto la possibilità, quelle persone erano pronte a sparare al minimo sospetto di attacco da parte mia.

Mi ero spogliato, la tenda era chiusa, entrai nel catino, all’ improvviso l’ anziana donna aprì la tenda, aveva due secchi pieni d’acqua fumante. Il mio imbarazzo crebbe ancora, tanto che con le mani coprii le parti intime. La donna mi disse qualcosa in russo e poi sentii ridere con gusto il vecchio e la giovane donna. Poi la donna raggiunse i suoi familiari; continuarono a ridere. Io mi lavai con lenta attenzione. Dopo un po’ usci dal catino, mi asciugai con degli stracci che mi diedero a disposizione; entrò sempre la donna con dei vestiti dicendomi qualcosa; ho pensato che mi avesse ordinato di vestirmi , cosa che feci presto. Nonostante l’acqua calda mi diede beneficio, continuavo ad aver freddo. Una volta indossato quegli abiti a me offerti, mi presentai alla famiglia. L’uomo mi indicò un rasoio facendomi comprendere subito che avrei potuto radermi, cosa che mi rese felice al solo pensiero di non dovermi più grattare. Che bella sensazione quella lama sulla mia pelle. Quando finii, mi videro… rimasero stupefatti per la mia bellezza. Credimi, Alessandro mio, ero un bel giovane!!! La ragazza mi osservò da cima a fondo, credo che si dimenticò di avere un nemico di fronte. Anche io ero più tranquillo, potei godermi la visione di una bella ragazza dell’ Ucraina sovietica.

Io ero sempre in imbarazzo mi rannicchiai in un angolo come un cagnolino bastonato. Avevo anche un senso di colpa, mi sentivo responsabile per i soldati russi che riuscii ad uccidere e per gli italiani uccisi. Io ero e sono un semplice tranviere. Quelle persone, non so per quale volontà trascendentale, mi accolsero con la consapevolezza di chi io fossi. Non ho mai compreso questo disegno, ma fu un toccasana per i nostri cuori.

Era forse ora di desinare, ma continuavo ad essere immobile nel mio angolo. Incredibile! In tutta l’Unione Sovietica e nel resto del mondo vi era l’inferno e gente che moriva. In quella fattoria nella piena steppa, forse si stava creando un’atmosfera di pace. La donna anziana parlò come se dava ordini: la giovane e l’uomo si mossero quasi in sincronia; l’uomo prese una pesante ascia e uscì di casa, la giovane donna prese un coltello e andò in un’altra stanza; tornò dopo cinque minuti con delle verdure. La donna anziana prese un marmitta la riempì d’acqua e la pose sul fuoco. L’uomo rientrò in casa con un grosso pezzo di qualche animale, lo pose a terra affianco al grosso camino. Era il pezzo di un animale ucciso e lasciato tra la neve affinchè si congelasse, in questo modo quella gente si rassicurava il cibo durante i lunghi e freddi inverni delle steppe sovietiche. Io non mossi un muscolo, sentivo il rimorso rodere il mio cuore come fosse un lupo che divorava un mite agnello, tanto meno nessuno di loro mi affidò la più semplice mansione. La ragazza aveva sempre con se il fucile. Pochi erano i momenti di distrazione, ma vi erano anche gli altri che continuavano a controllarmi. Più il tempo passava e più avevo voglia di piangere, pensavo sempre più alla mia Napoli e mi ritenevo un uomo stupido perché, durante il tempo di pace, mi arrabbiavo sempre con i miei concittadini quando salivano sul tram; non li sopportavo, ma da quell’ esperienza in Russia mi resi conto che le mie reazioni contro il prossimo erano superflue ed inutili; se mai un giorno fossi tornato a Napoli, giurai su me stesso che mai avrei inveito contro gli utenti del mio tram. E così è stato. Le forti esperienze insegnano ad amare il buon senso.

Intanto la carne fu messa in acqua bollente per scongelarla. In un secondo momento l’uomo ebbe la possibilità di tagliarla a pezzi e cucinarla sul fuoco. Dopo che loro mangiarono, la vecchia prese qualche pezzo , lo pose in una ciotola e mi offrì il cibo. Mangiai con gusto anche se mancava il sale, non ne avevano, ma era buono lo stesso. La giovane donna mi osservava ,avendo sempre il fucile con se. Ma era cambiato il suo sguardo; la paura stava quasi svanendo, era come se, in condizioni normali, una donna notava un uomo, era come se un interesse o curiosità cresceva sempre più. Quando fini il mio piatto, volli alzarmi per posare la ciotola vuota sul tavolo, lo feci con cauti e lenti movimenti. La mia attenzione fu attratta da quel ritratto della giovane con un uomo affianco; rassicurando i presenti, mi ci avvicinai per vedere meglio la foto un po’ sbiadita. Dopo un minuto circa di silenzio la giovane donna mi disse “Mij ciolovik”, ossia “mio marito”, poi disse un’ altra frase che, stando attento ai suoi gesti, capii che mi diceva: “sta combattendo contro i tuoi amici”. Tornai subito al mio posto, sul pavimento e pian piano mi addormentai.

Il giorno dopo l’uomo mi svegliò con leggere pedate, voleva ch’io lo seguissi… era necessario trovare altra legna. Non seppi per quanto tempo dormii, ma non lo ritenevo importante. Mi sentivo indolenzito perché avevo riposato sul duro, ma avevo comunque guadagnato un po’ di forze. L’uomo mi diede un soprabito, l’ ushanka il tipico copricapo che si usa da quelle parti per combattere il freddo, una fufajka, una sorta di soprabito abbastanza pesante e un sacco in juta da riempire. Prese la stessa ascia che usò per tagliare l’animale congelato nel ghiaccio e uscimmo. Non passarono due giorni da quando entrai in quell’ hata, ma sentii che quelle persone si stavano tranquillizzando e, di conseguenza, anche io. Seguii quell’ uomo senza dire una parola o fare un gesto; l’istinto mi guidò all’ ubbidienza. Era meglio per tutti. Camminammo per molto tempo, egli mi precedeva, potevo colpirlo ma non mi venne in mente. Lui non ebbe nessun timore, agiva bene: non l’avrei mai aggredito; a me quelle persone servivano vive, se le avessi uccise, mi sarei perso perché non avevo la minima idea dove fosse quella fattoria e poi era sicuramente un reato ucciderle. Ultima considerazione, ma non meno importante, era che quella ragazza incominciava a piacermi. –Descrivimela!- -Ogni cosa a suo tempo, ragazzo! –dice il tranviere con un tono di rimprovero, poi continua a raccontare: -Finalmente scorgemmo della vegetazione, c’erano degli alberi spogli dalle foglie e altri spezzati dagli esiti di una battaglia, infatti l’uomo raccolse prima i rami giacenti sul terreno , che ne erano tanti, poi valutò se i sacchi erano pieni. Decise di tornare a casa, prendemmo la strada a ritroso. Il cammino era lungo, mi accorsi che era davvero faticoso. Facemmo brevi soste. Mai avrei potuto immaginare la forza di quell’ uomo, camminava spedito, un po’ perché era abituato e un po’ per la preoccupazione di aver lasciato le due donne sole. Cosa che condividevo appieno. Raggiungemmo la fattoria, e posammo a terra i sacchi di juta, ero esausto ma soddisfatto, non volevo illudermi, ma sentivo il dolce candore familiare. Non sapevo cosa pensare: se essere distaccato o lasciarmi coinvolgere da ciò che poteva non esserci. La giovane donna mi osservò e mi sentii addosso i suoi occhi come fossero le sue gentili mani, poi si rivolse all’ uomo chiamandolo “tato”, compresi finalmente che era il padre. La domanda che soventemente mi ponevo era se quell’ uomo nella foto fosse vivo a combattere i tedeschi o morto. Da un lato avrei preferito sapere che fosse deceduto in battaglia e dall’ altro non avrei mai voluto, c’era già abbastanza sofferenza… insomma: mi stavo innamorando. Era molto bella. Ma mi tolsi quei pensieri dalla testa così aiutai il padre a mettere la legna nel granaio. Ma, ahimè, mio giovane Alessandro, successe ciò che non doveva mai succedere, il diavolo ci mette sempre la coda nelle faccende umane. Eravamo fuori. Per raggiungere il granaio, si doveva percorrere una quarantina di metri allo scoperto, ma nessuno di noi pensò al pericolo: sentii uno sparo e subito dopo l’uomo si accasciò al suolo con sangue che gli usciva dal capo. Qualcuno lo freddò. Mi buttai a terra e cercai riparo, quasi gli ignoti assassini mi raggiunsero, sperai e pregai che non fossero dei miei connazionali, sarebbe stato più difficile per me difendermi. Erano tre e parlavano in tedesco. Nostro Signore accolse la mia preghiera, erano soldati nazisti. Dalla fattoria aprirono il fuoco colpendone uno a morte. Gli altri si rifugiarono subito dopo aver perso il loro compagno, io presi il mitragliatore del soldato morto e qualche munizione, così scelsi di difendere quelle donne. Ne vidi uno, non esitai a scaricargli il caricatore addosso. Lo colpii; ne rimase uno che scappò. Non pensai che quello era mio alleato, pensai alle donne come se fossero rispettivamente mia moglie e mia suocera. Riuscii ad abbattere anche il terzo. La mia paura era di trovarne altri, così presi le altre armi e con circospezione perlustrai la zona. Pregai tanto che non ci fosse stato nessuno. Quel dì Iddio nostro mi ascoltò, quasi come se mi avesse ubbidito. Tornai e vidi le donne straziate dal dolore per la perdita improvvisa del loro amato. Non sapevo che fare: mi guardarono, non so se con odio, non so con quale sentimento penetrarono le mie membra con i loro occhi. Io mi misi in ginocchio, diedi loro le armi dei soldati tedeschi e feci puntare le armi su mio capo e pregai loro di premere il grilletto. Non potrò mai spiegare cosa avevamo nei nostri cuori in quei momenti, ma se sono qui a parlarti, mio caro Alessandro, significa che quelle donne non spararono. Dopo aver eseguito tutti gli onori che un buon uomo ha il diritto di avere, lo seppellirono fuori nella steppa. Io non le aiutai perché era una cosa personale e forse non mi sentii degno di farlo; mi sentii sporco dentro per ciò che avvenne. Tornarono in casa senza dire nulla, il silenzio tornò sovrano tra quelle mura. Mi sentivo fuori luogo. Dopo una notte di riflessione volli andare via. Il mattino seguente, preparai quel poco che avevo, ma fui fermato dalla giovane donna, con il suo grazioso capo fece cenno di no, piangeva. Ci guardammo a lungo negl’ occhi, ci abbracciammo e ci baciammo con foga. L’impeto era talmente forte che cademmo a terra, ci spogliammo in modo sgraziato… volevamo che i nostri corpi fossero tutt’uno, volevamo vivere. Lei mi portò nella sua stanza e facemmo l’amore. Non so se la madre se ne accorse, forse si. Non volle distruggere quel magico momento. Un raro momento d’amore, in anni di odio e morte, è sacro, va lasciato crescere. Io ero innamorato di quella giovane donna, non sapevo quanti anni avesse ma lei, i miei vent’ anni lì amò tutti. Mai ho sentito tanto amore come quello da una donna, mai ho voluto donarne tanto, per me era tutto naturale: essere con lei, scambiarci la pelle, prendermi cura di lei, per me era importante e lo stesso valeva per lei. Sentivo che mi amava, sentivo che avrebbe attraversato gli oceani per me e lo avrebbe fatto, ma aveva un marito che poteva tornare da un momento all’ altro e se mi avesse trovato lì, uno di noi doveva morire. Ci amammo con estrema sincerità e con un amore intenso. Mai ho vissuto un’ esperienza così forte. Il mio desiderio era sposarla senza nessun dubbio. Volli ardentemente che quella donna … continuo a desiderarla, anche se son passati decenni. Sino a quel momento non sapevo il suo nome, volevo che diventasse mia moglie. Sarei rimasto lì… la guerra prima o poi doveva finire, così in Italia saremmo tornati in tempi migliori. Passarono dei giorni dopo la morte dell’ uomo, si sentiva la mancanza, era lui che si occupava della legna, dei pochi animali che avevano, di riparare dove era necessario, così presi io le redini di quella casa. Era un onore per me, ma triste; le donne continuavano a piangere quell’uomo, reazione del tutto legittima. Forse ero caduto nell’egoismo, ma stavo bene in quella casa, mi sentivo preso in considerazione e apprezzarono molto di averle difese dai miei stessi alleati, comprendendo che avevo rischiato la mia vita per loro. Era una cosa immensa che ebbero ricevuto. Mi presi cura di entrambe le donne. Finalmente seppi il nome della ragazza: si chiamava Ira e la madre Olga. Mi piacevano, ero felice. Io e Ira ci amavamo tanto ed ogni volta che io entravo in lei era per come un dono dal cielo, come se qualcuno mi avesse affidato quella bella creatura e di conseguenza mi piaceva coccolare anche la madre come un figlio affettuoso. La vecchiaia non le intaccava la sua bellezza. Avendo i mitra dei soldati tedeschi, eravamo più tranquilli. Se era necessario raccogliere altra legna, ci pensavamo io ed Ira; partivamo, ma eravamo in guardia. Non era salutare incontrare nessuno degl’ eserciti che si combattevano tra loro; se avessimo incontrato soldati sovietici, io sarei stato giustiziato e le donne mandate in Siberia, magari prima stuprate. Se avessimo incontrato degl’ italiani, forse i meno pericolosi, avrebbero stuprato le donne e giudicare me come traditore. In cuor mio sapevo che questa possibilità era remota, ma volli essere molto prudente. Se invece avessimo incontrato altri nazisti…. Bhe… abbiamo visto come andò a finire. Comunque il nostro amore ci diede coraggio e il pregare Dio ci diede voglia di continuare quella assurda ma bellissima storia che nacque nei nostri affranti cuori. Ira era di statura alta poco meno di un metro e ottanta centimetri, i suoi lunghi capelli erano castano scuri e, per la lunghezza riusciva a creare una bella corona di trecce. I suoi occhi erano castani leggermente orientali, gli zigomi erano un po’ pronunciati. Il suo corpo era longilineo ma modellato bene e le sue gambe erano bellissime da baciare e da accarezzare. Aveva un incisivo che sporgeva un po’ e le dava personalità . Per me era la donna più bella del mondo. Io volevo ardentemente la sua mano. Nei giorni seguenti non si faceva nulla di particolare, però imparammo le nostre lingue, io l’ucraino e loro l’italiano in modo che era più facile la comunicazione. In Unione Sovietica si parla prevalentemente russo, ma a Ira e a Olga piacevano la loro lingua madre: l’ucraino ed io volli imparare l’ucraino, ne ero fiero e innamorato.

I giorni passavano, si faceva la solita vita, io e Ira ci amavamo sempre più e questo a mamma Olga piaceva. C’era però il pensiero per Andreij, il marito di Ira. Loro mi dicevano che era un brav’uomo e che mai Ira avrebbe tradito. Credo che l’amore nato tra noi sia dovuto da tante tristi storie e troppe morti di quegl’ anni. Parlando sempre con più facilità, seppi da loro che persero in battaglia cugini e nipoti. Ma c’era anche un’altra verità: Io e Ira ci piacevamo e non sapemmo negare il nostro amore. Io non sono mai stato uno che ruba la donna altrui e compresi che Ira era una donna leale. Ci innamorammo e vivemmo quei momenti donatici dal cielo. Un giorno una donna raggiunse la fattoria, le mie donne mi dissero di nascondermi. Era una vicina che seppe che dei soldati ucraini stavano tornando, credo che fu un passaparola da hata ad hata. Parlarono per un po’, da quello che compresi si sperava della presenza di Andreij. Andreij era un ufficiale dell’ Armata Rossa. In quel momento mi cadde il mondo addosso, se ciò era vero, ero costretto ad andarmene…. Potevo affrontarlo , potevo ucciderlo ignaro della mia presenza in casa sua, ma Ira non avrebbe accettato questo, avrei deluso lei e la madre. Non era giusto, così accettai la mia sicura separazione da Ira. Quando quella donna se ne andò, Ira mi raggiunse e, piangendo, mi spiegò la triste realtà. Dovevo andare via al più presto possibile, piangemmo tutti e le dissi che l’avrei sposata e che le avrei dato tutte le mie amorevoli cure che un marito offre alla sua moglie. Il giorno dopo, dopo una notte di intenso amore, piangendo andai via. Volli lasciarle il mio indirizzo di Napoli, le dissi che, se mai sarei riuscito a raggiungere l’ Italia, di venire a Napoli, la città del sole, del sentimento, dell’ amore. Lei disse che era impossibile. Come avrebbe spiegato al marito l’esistenza di un foglio con sopra scritto l’indirizzo di un soldato italiano? Dopo un lungo addio, lei mi disse quale direzione prendere per kiev, così andai via dopo aver dato un grande abbraccio alla signora Olga. Se fosse ancora vissuto tato Valentin, sono sicuro che mi avrebbe salutato come fossi stato uno di famiglia. –Così vi separaste per sempre?- -Si, mio caro, fu una bella storia che auguro a chiunque. Fu un amore che è difficile spiegare, i nostri verbi, sostantivi, aggettivi, non sono in grado di dare un’idea dell’amore tra me e Ira. –Ma come sei tornato in Italia? -Fortuna, pura fortuna. Sempre in Ucraina ritrovai, grazie alle indicazioni datemi da Ira e dalla madre, i miei commilitoni. Le “Cicogne”, i ricognitori tedeschi ci guidarono verso la salvezza. ma questa è un’altra storia. Forse c’è un disegno da qualche parte del Firmamento, un disegno che mi ha dato la possibilità di raccontare questa storia d’amore in un mare di odio. Non ho mai saputo se Andreij fosse tornato a casa da sua moglie, non ho mai saputo se quell’ ufficiale sovietico fosse morto o vivo. So solo una cosa: io amo ancora quella ragazza, non so se è viva ancora, non so se la vecchiaia l’ha resa più brutta o più bella, io credo che se Ira fosse ancora viva, sarà bella come lo era mamma Olga. –Cosa devo fare con Julia? Qual è il tuo consiglio? – Amala con tutto te stesso, anche se farete vite separate, ama quella donna come mai hai amato. Se qualcuno vorrà la vostra unione in questo mondo, arriverà. Se non dovesse succedere, non ti far prendere dall’odio, dalla gelosia, dalla rabbia per non poterla toccare, per non poter fare l’amore con lei, continua ad amarla, qualsiasi cosa succeda. Se avete una corrispondenza, sii sempre gentile con lei, sii cavaliere, sii te stesso, ossia quel bel ragazzo per cui lei ha perso la testa, è l’unico modo per rispettarla ed amarla, a meno che il destino non vi faccia un ulteriore dono oltre a quello che avete già ricevuto. –Ma sarà molto difficile attuare questo consiglio, io la sogno ogni notte, la penso in ogni momento… - Alessandro, nessuno ti ha detto mai che amare è difficile, senza cadere nell’ egoismo? Tu ami quella ragazza e per questo la vorresti vicina, lo vorrebbe anche lei, ma per un motivo non può, voi vi desiderate ma non potete realizzare questa meraviglia che si chiama Amore. E’ un peccato e sono d’accordo con te, ma è anche un peccato forzare gli eventi. Ripeto amatevi più che potete, è l’unica cosa che potete fare, il tempo è signore. Questo vecchio tranviere napoletano ha finito di farti commuovere.

Ci sono dei lunghi momenti di riflessione da parte dello studente dal cuore trafitto. Qualche lacrima gli esce dagl’ occhi, ma comprende il messaggio dell’anziano e saggio tranviere. Il ragazzo si congeda da lui con forte abbraccio, va a casa sua e inizia a scrivere una lunga lettera alla sua amata; le scrive che mai si dimenticherà della ragazza da Kiev, che mai dimenticherà un solo istante passato con lei nella magica città del Vesuvio. Magica atmosfera che ha avvolto due persone che all’inizio di quel bellissimo idillio mai avrebbero sospettato un coinvolgimento completo di ogni atomo necessario, di ogni virgola detta e stampata tra le stelle provocando un turbine atomico tanto potente da sconvolgere l’intero universo ma anche talmente piccolo che si può racchiudere nel cuore di quei due ragazzi dall’ animo trasparente ed innocente. Grande cuore di quell’uomo che, vivendo un’esperienza nelle desolate lande dell’ Unione Sovietica, seppe, o per fortuna o per sua abilità, cogliere quel piccolo lume acceso in quella fattoria al confine tra L’ Ucraina e la Russia. Grande quell ‘uomo che seppe uccidere l’odio che era in lui durante i mesti anni di conflitto mondiale voluti da pazzi scellerati interessati a non si sa cosa, al denaro. Amò quella donna con tutto se stesso, rispettandola in ogni cosa, amando i suoi genitori senza rendersene conto, avendo il coraggio di lasciare un amore così grande. Non tutti, miei cari lettori, hanno queste facoltà, io stesso, che sono qui nella mia stanza a scrivere con questo portatile, per altro non mio, non so se sono abile ad aver tanto coraggio. Già, è proprio vero: amare è difficile e si deve anche saperlo fare.

Alessandro Cervarich novembre-dicembre 2008
trammue
00lunedì 29 dicembre 2008 17:23
me la sono stampata e me la sono letta con calma sull'autobus.
E' un bel racconto, commovente, però.... la mano sul fuoco non ce la metterei. I vecchi tranvieri, nel mare del traffico, con quel timone del freno davanti, finiscono per sentirsi un po' marinai!
Per quanto riguarda te, oggi per fortuna non c'è guerra, i muri sono crollati da un pezzo, coi voli lowcost si arriva da per tutto...
Dai! oggi è più facile arrivare a kiev che a bagnoli-dazio!
Alessandroch
00lunedì 29 dicembre 2008 17:55
VOLO KIEV- NAPOLI. UN AMORE, SOVRANO DEL TEMPO (piccolo epilogo)
Son passati due anni da quei giorni, da quelle parole dette, da quelle confidenze che hanno reso l'animo più leggero, almeno un poco, di Alessandro Galli e che hanno reso più sicuro lo studente.
Ahimè... Il Galli se n'è andato via da questo mondo. E' passato a miglior vita; niente mestizia, miei cari lettori, egli ha lasciato un'eredità molto preziosa dalla quale c'è possibilità di attingere e rendersi migliori. La sua esperienza in Russia, durante il secondo conflitto mondiale, l'amore per la filosofia, per la musica e la sua filantropia, nonostante tutto, ha donato,per chi vuole, per chi l'ha conosciuto (che non sono per niente in pochi), l' insegnamento verso il positivo, verso l'ottimismo. Ha insegnato al prossimo, per quel che gli è stato possibile, di tener duro nei momenti di sconforto che, nel corso del nostro vivere, ognuno di noi ha. Sicuramente il tranviere avrà colto la sua dolce Ira nel suo celeste tram, qual'ora anche la bella ucraina fosse passata a miglior vita.
A proposito di Julia e Alessandro... bhe, loro sono insieme. Durante il corso universitario, Alessandro viaggia spesso recandosi in Ucraina e in Russia per motivi di studio, così, incontrandosi, vivono con tranquillità il loro amore.

In questo presente, ossia nel 2008, non so se i due ragazzi, divenuti ormai adulti, vivono insieme o si sono sposati, o il loro amore è finito. Non è compito di questa breve storia organizzare un' indagine, ma posso lasciare a voi lettori la scelta se Alessandro e Julia sono insieme o separati. A voi la loro sorte.

Alessandro Cervarich

ps: Ringrazio con tutto il cuore Julia per i suoi preziosi suggerimenti sulla grammatica e sui vocaboli della lingua ucraina e russa.
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