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Tra musica e poesia

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2009 19:38
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05/06/2006 23:47
 
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I poeti e la canzone
Forse non tutti sanno che caratteristica comune di alcuni cantautori, tra i più impegnati, è stata ed è ancora a tutt’oggi, quella di musicare testi di celebri poeti del passato ed anche contemporanei.
Spero, vi sia cosa gradita se in questo caffè virtuale sto per accingermi a illustrarvi alcune tra le mie ricerche in merito.
Uno dei precursori di tale impegno poetico musicale fu Charles Trénet (autore di grandi classici della canzone francese come (fra i più noti): “La mer”, “Douce France” , “Que reste-t-il de nos amours” e “L’âme des poetes”.
Trénet rivestì di elegante corredo musicale due famosi testi poetici: “La cigala et la fourmi” di La Fontaine e “Chanson d’automne”, tratta dai “Poemi saturnini” di Paul Verlaine, celebre poeta francese vissuto nella seconda metà dell’ottocento.
Sulla scia di Trénet, altri cantautori francesi furono soliti adattare musiche a celebri poesie. Tra questi: Leo Ferre, che mise in musica alcuni tratti di “Les fleurs du mal” di Baudelaire, nonché “Le pont Mirabout” di Apollinaire e “Ecoutez la chanson bien douce” di Paul Verlaine, tratta da “Saggezza”. Detto brano fu inciso anche in italiano da Giorgio Gaber, col titolo “Ascolta la canzone” e fece parte della colonna sonora di un film di Mauro Bolognini:”Bubu”.
Rilevante l’impegno di Georges Brassens nei confronti della poesia, in quanto musicò, tra le altre: “Gastibelza” di Victor Hugo, “La marine e Comme hier di Paul Fort, “Colombine” di Verlaine e la “Ballade des dames du temps jadis” di François Villon, adattandole perfettamente al suo mondo poetico, essendo stato in vita anch’egli un poeta.
In Italia, Domenico Modugno fu il primo a stringere rapporti con la poesia, musicando e incidendo “Le morte chitarre” e “Ora che sale il giorno” di Salvatore Quasimodo (incisioni, ad oggi, vergognosamente introvabili).
Un cantautore italiano che ha meritato a pieno l’appellativo di poeta è stato Fabrizio De André.
Come altri poeti della canzone, anch’egli fece un tuffo nel passato per trovare testi ai quali poter adattare proprie musiche, ad esempio “Si fosse foco” di Cecco Angiolieri, nonché alcuni tratti dell’Antologia di Spoon River di Edgard Lee Masters, che raccolse in un LP intitolato “Non al danaro, non all’amore, né al cielo”.
Un poeta, che per le sue tematiche ha sempre suscitato un certo interesse da parte di compositori particolarmente impegnati nel campo della canzone colta (vedi Brassens), è stato Paul Fort (1872 – 1960) che fu autore anche di numerosissime opere teatrali. Abbondante la sua produzione poetica, tutta riunita in alcuni volumi intitolati “Ballades françaises”.
Il componimento di Paul Fort più noto nel nostro paese è stato “La ronde autour du monde” che, scritta nel 1922, musicata e tradotta nel 1966 da Sergio Endrigo con il titolo “Girotondo intorno al mondo”, ottenne un discreto successo discografico, grazie anche alla particolarissima interpretazione dello stesso Endrigo.
Particolarmente sensibile al richiamo della poesia, Sergio Endrigo collaborò con poeti del calibro di Vinicius De Moraes, brasiliano, definito dallo stesso Endrigo il “bianco più negro del Brasile” e Gerardo Vandré, anche lui brasiliano, esule perché scriveva cose scomode per l’allora regime. Cito
ancora due celebri poesie musicate da Sergio Endrigo. Nel suo primo LP edito dalla RCA, troviamo il brano “La rosa bianca” che altro non era che la versione italiana di “Cultivo una rosa blanca”, componimento del grande poeta ottocentesco Josè Martì, simbolo dell’indipendenza cubana, musicato dallo stesso Endrigo. Nel 1968, in un 45 giri edito dalla Cetra / Fonit, abbinata alla stupenda “Anch’io ti ricorderò” dedicata a Ernesto Che Guevara, troviamo “La Colomba”. Si tratta della versione italiana della poesia di Rafael Alberti “Se equivocò la paloma”, tratta da un gruppo di poesie, facenti parte della raccolta “Fra il garofano e la spada”, che il poeta spagnolo scrisse tra il 1939 e il 1940. La musica è dell’argentino Gustavino.
Esiste anche un’altra incisione della canzone ora citata, questa volta in lingua originale ad opera di un cantautore spagnolo Joan Manuel Serrat, anch’egli con la tendenza a mettere in musica testi di celebri poeti. Di uno dei suoi preferiti, Antonio Machado (1875 / 1939), musicò due testi poetici: “La saeta” e “Caminante no hay camino”. In conclusione, faccio presente che di Serrat, di cui tornerò a parlare in seguito, in Italia si sa ben poco, nonostante nel suo paese abbia un curriculum eccezionale. Comunque, da noi, un paio di sue canzoni hanno ottenuto un discreto successo. Parlo di “Mediterraneo”, tradotta e incisa da Gino Paoli nel settembre del 1974 e inclusa nell’album “I semafori rossi non sono Dio” e “La tieta” (la zietta), incisa negli anni 60 da Mina col titolo “Bugiardo e incosciente” (titolo e testo lontani chilometri dall’originale) e recentemente dal grande Francesco Guccini che l’ha tradotta in dialetto modenese col titolo “(La ziatta), ed inserita nel suo ultimo album “Ritratti”.

Un salutone.

Francesco Angrisani

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