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Tranvie interurbane, o quel che ne resta

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2024 21:34
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01/01/2013 19:11
 
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apprendista tranviere
cultura trasportistica
Il discorso di Giordano92 (“Oltre alle tradizioni anche culture ben differenti”) mi sembra valido non tanto per un confronto tra culture trasportistiche lombarda ed emiliana (premesso che Limbiate si trova in Lombardia, mi sembra che in Emilia Romagna il TPL non sia certo meglio messo che in Lombardia: la maggior parte delle ferrovie secondarie TPER non è esercita nei giorni festivi mentre Bologna è la più grande città italiana che di fatto ha rinunciato a dotarsi di un sistema forte di trasporto pubblico), ma, piuttosto, per un confronto tra la cultura trasportistica italiana e quella dei Paesi d’Oltralpe. In questi ultimi, infatti, a parte il caso degli spocchiosi aristocratici che rifiutano di servirsi del trasporto pubblico “per non mischiarsi alla plebe”, non si tende a considerare il mezzo pubblico l’estremo ripiego di fronte a gravissime difficoltà nell’uso del mezzo “normale”, ovvero l’automobile (traffico, nebbia, mancanza di parcheggi, ecc.), ma, semmai, si considera l’automobile un ripiego di fronte a limiti o vincoli del trasporto pubblico.
Diverse osservazioni confermano tale differenza: ecco alcuni esempi: 1^ Solo in Italia, allorchè in treno si scambiano due chiacchiere con un occasionale compagno di viaggio, quest’ultimo sente il bisogno di “giustificarsi” perché “non ha preso la macchina”; 2^ In Italia, quando la pubblicità propone centri commerciali o località turistiche (si consideri anche, per esempio, la trasmissione televisiva “Sereno variabile” su Rai2 che dovrebbe tendere anche alla salvaguardia ambientale), si spiega solo come arrivarvi in automobile, magari precisando le possibilità di parcheggio; in Svizzera e in Germania si spiega in primo luogo l’accessibilità con mezzi pubblici; 3^ In Italia si tollera facilmente che una piazza antica sia percorsa continuamente da rombanti auto e motorini, o che sia ridotta a parcheggio, ma si ravvede uno scempio inaccettabile se si pensa di impiantarvi le rotaie del tram: le auto sono viste come il mezzo “naturale” per spostarsi, ragion per cui devono essere accettare se si vuole che il centro “sia vivo” e “non sia un freddo museo”, mentre le rotaie sono un “di più” inutile!
Oltralpe l’automobile è considerata solo uno strumento costoso che, in cambio dell’onere di effettuare il tragitto cimentandosi in un lavoro estremamente delicato (in cui un attimo di distrazione può avere tragiche conseguenze), consente, eventualmente, di evitare limiti e remore del trasporto pubblico; in Italia è invece di fatto vista come una sorta di “bacchetta magica” che permette semplicemente di annullare i costi e i pesi della distanza, così da far apparire il trasporto pubblico meramente inutile, salvo che, come detto, in casi particolari di eclatanti problemi di ingorghi o di difficoltà di parcheggio.
Il guaio è che questa mentalità è fatta propria anche dalle Istituzioni responsabili della politica dei trasporti: oltralpe, quando si tratta di decidere se impiantare o meno una nuova struttura di trasporto pubblico, e che tipo di struttura scegliere, si ragiona così: “Lungo quel percorso vivono tot persone, vi sono tot posti di lavoro, vi sono tot insediamenti di ogni genere determinanti mobilità: qual è il sistema più adatto per smaltire la domanda di trasporto relativa?”. Naturalmente è messo già in conto che molti non utilizzeranno i servizi offerti in quanto preferiranno usare l’automobile: sarà questo l’incentivo a esercire il servizio nel modo migliore per fronteggiare la concorrenza.
In Italia, invece, di fronte allo stesso problema, si dice: “Quanti, degli attuali soggetti di mobilità, potrebbero trovare conveniente usare il nuovo servizio anziché l’automobile?”. Con tale criterio, in pratica, si pone mano alla costituzione di un trasporto pubblico adeguato alle esigenze reali di mobilità solo quando ormai la situazione viabilistica è arrivata alla saturazione, quando il territorio, a forza di sempre nuove strutture stradali è diventato terra bruciata, così che gli stessi soggetti di mobilità, per disperazione, dopo averle provate tutte (anche commettendo infrazioni, ecc.) possono essere disposti, eccezionalmente, a “capitolare” al mezzo pubblico. E’ chiaro che così ben raramente l’investimento per un capace servizio di trasporto pubblico può apparire veramente remunerativo: come può essere remunerativa la proposta ai cittadini di qualcosa che quelli concepiscono solo come un estremo ripiego? Basta che si apra una nuova strada o che si scoprano nuove possibilità di parcheggio perché la gente ritorni compatta al mezzo “naturale”! Se l’automobile è una “bacchetta magica” che annulla ogni costo della distanza, è chiaro come, di fronte a tanta “magicità”, non ce la si senta di indulgere in considerazioni etiche, altruistiche o sociali; d’altra parte, se si concepisce istintivamente la guida come un’attività semplice, persino divertente, a cui ci si può dedicare con leggerezza, con qualsiasi stato mentale e facendo contemporaneamente di tutto, saranno ben pochi i casi in cui il mezzo pubblico potrà apparire veramente più comodo. Difficilmente dunque l’investimento nel TPL può apparire remunerativo all’iniziativa privata, tanto più se si considera che le strutture di TPL, perché almeno possano assolvere la funzione di estremo ripiego di fronte a gravi criticità nell’uso dell’auto, devono consentire un servizio comodissimo, veloce ed economico e quindi essere molto costose.
Il peggio è poi che, in Italia, sulla scia della citata mentalità, anche gli organi responsabili della pianificazione del territorio e, in genere, coloro che decidono la dislocazione di strutture a cui i cittadini si devono recare, fanno conto sulla disponibilità, da parte dei cittadini della “bacchetta magica” e partono quindi dal presupposto che “tutti possono andare in qualsiasi momento in qualsiasi posto, in quanto hanno la macchina”; è così che, per esempio, alla periferia di una città come Bergamo può essere aperto un nuovo grande Ospedale accontentandosi, riguardo all’accessibilità con mezzi pubblici, di due semplici linee di autobus con frequenze massime dell’ordine dei 15 minuti, ma preoccupandosi invece intensamente solo che vi siano abbondanti parcheggi, cosa questa che oltralpe sarebbe inammissibile!
Se non si cambia quindi mentalità e cultura trasportistica in Italia, sia da parte dei singoli cittadini, che della società civile e delle Autorità responsabili della politica dei trasporti, rimarrà sempre utopistico qualsiasi tentativo di salvare i territori densamente abitati, così come le ridenti località turistiche, dal caos, dal degrado e dalla rovina!
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