Con questo post inizio a descrivere la costruzione del secondo esemplare del tram 1928 di Milano in ottone (scala H0),questa volta in versione anni 70, quindi con la perteghetta (trolley), posto per il bigliettaio e colorazione in due tonalità di verde.
Chiarisco subito che non ho la presunzione di insegnare alcunchè, visto che è solo il secondo modello in ottone che costruisco, quindi non prendete quello che scrivo come oro colato; dato che per la mia prima esperienza mi sono basato su diverse fonti di informazione reperite in rete, primi fra tutti gli articoli sul sito
rotaie.it di Giorgio Donzello, vorrei semplicemente condividere con chi è interessato all’autocostruzione di modelli in ottone la mia esperienza, gli errori commessi e le soluzioni usate. E poi, chissà, magari qualcuno più esperto potrà anche darmi qualche suggerimento per risolvere in modo migliore o più semplice alcuni passaggi.
Il primo passo è stato il progetto del tram con le varie viste e tutti i particolari e l’estrapolazione del disegno della lastra. Dato che ATM non ha degnato nemmeno di una risposta le mie richieste sulla possibilità di avere dei disegni in scala della Ventotto, ho usato come punto di partenza il libro “Un tram che si chiama Milano” di Guido Boreani (Ed. Calosci), che oltre alle notizie sulla storia e la tecnica, contiene numerose foto (fra cui una di un tram rovesciato utilissima per ricavare un po’ di dati sul sottocassa…) e diversi disegni abbastanza in scala e poi mi sono basato su fotografie e su verifiche dal vivo.
Per il disegno ho utilizzato DoubleCAD XT, un CAD bidimensionale che anche nella versione gratuita è molto ricco e piuttosto facile da usare.
Per la realizzazione delle lastre, invece, mi sono affidato alla
Exella, perché offriva la possibilità di inviare direttamente il file tramite posta elettronica, evitando quindi la realizzazione e la spedizione delle pellicole. Usano infatti un processo digitale per la fotoesposizione della lastra rivestita di vernice fotosensibile che garantisce elevata precisione e alta risoluzione. Sul sito ci sono anche diversi documenti che descrivono in modo molto chiaro come devono essere fatti i disegni, le tolleranze di lavorazione e le dimensioni minime per fori, raggi e spessori. Il costo delle singole lastre è abbastanza basso, un po’ caro è il costo iniziale di elaborazione del file CAD per la preparazione dei file di lavorazione, per cui conviene porre molta cura nella realizzazione del disegno, onde evitare errori. Nel mio caso sono riuscito ad evitare errori irreparabili, ma durante la costruzione del primo esemplare ho individuato un certo numero di errorini e diverse possibili migliorie, per cui dopo il completamento di questo secondo esemplare credo che farò fare delle nuove lastre.
Ho scelto di lavorare con una lastra di ottone da 0,4 mm, che mi sembrava un buon compromesso fra robustezza e livello di particolari riproducibili. Il risultato finale mi sembra buono, tenendo conto che si tratta di un modello statico. Se dovesse circolare su un plastico, forse sarebbe un po’ troppo fragile, dato che le fiancate, a causa della riproduzione delle chiodature, finiscono per avere uno spessore di 0,2 mm (quattro traverse e le panche contribuiscono però a fornire una discreta rigidità alla cassa, ma lo vedremo più avanti). Questa è la lastra.
CLICCARE SULL'IMMAGINE PER INGRANDIRE
Sapevo che il profilo dei pezzi fotoincisi da due lati forma una cuspide (alta circa il 20% dello spessore, quindi 0,08 mm in questo caso), ma pensavo che fosse quasi impercettibile. Invece ho scoperto che si nota, soprattutto quando si sovrappongono due o più strati, quindi in questo secondo esemplare cerco di “rettificare” il profilo dei pezzi con un delicato lavoro di lima o di carta abrasiva; basta poco, dato che la quantità di materiale da asportare è irrisoria (0,08 di profondità per uno spessore probabilmente ancora inferiore), ma occorre molta attenzione per eliminare solo la cuspide senza alterare il profilo dei pezzi.
Carlo