06/06/2010
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Gerardo Ausiello Nel cuore del monte Echia c’è un ascensore che ti accompagna nelle viscere della città, alla scoperta delle mille suggestioni di una Napoli esoterica e misteriosa. L’impianto è fermo da oltre quarant’anni ma oggi il Comune sta lavorando senza sosta ad un progetto di restyling. Un piano complessivo di mobilità verticale che, grazie all’impiego dei fondi europei e alla collaborazione dei privati, punta anche al ripristino dell’ascensore che conduceva comodamente i napoletani da Fuorigrotta a via Manzoni e alla funivia che collega viale Kennedy con via Posillipo. Tre opere strategiche che potrebbero essere rimesse in funzione investendo poche risorse. In queste ore lo sforzo di Palazzo San Giacomo - in prima linea c’è l’assessore al Decoro urbano Diego Guida - è finalizzato a salvare l’ascensore che collega via Chiatamone con via Parisi (da non confondere con quello che conduce da Santa Lucia al belvedere). I libri sulla storia del capoluogo partenopeo gli dedicano pagine ricche di aneddoti e curiosità, ma anche su Internet è possibile reperire notizie utili (ad esempio sul sito
www.ilportaledelsud.org). L’opera è una delle creature nate dallo scavo infinito del monte Echia. La zona fu infatti sfruttata nei secoli scorsi come cava di tufo per costruire la prima struttura del Maschio Angioino, il maestoso Palazzo Cellammare e gli edifici storici di Posillipo. I prelievi più consistenti si ebbero nel 1500 per dar vita al complesso della odierna Sezione dell’Archivio militare di Napoli (ex caserma e poi Istituto cartografico borbonico), Palazzo Carafa, il ponte della Maddalena e il complesso del collegio militare della Nunziatella. Nel 1630 il monte venne attraversato dai canali dell’acquedotto ideato dal Carmignano e dal Ciminelli, mentre a metà del 1800 fu sventrato da un tunnel voluto da Ferdinando II per collegare Palazzo Reale con piazza Vittoria, che venne però sospeso nel 1855 e non ha più visto la luce. Fu di nuovo traforato nel 1929 per la costruzione della galleria della Vittoria, parallela a quella Borbonica. Tutta l’area che va da via Chiatamone a piazza del Plebiscito, passando per via Chiaia e Santa Lucia, conserva nel sottosuolo un inestimabile tesoro di reperti archeologici: le cave di tufo si sono alternate ai cunicoli dell’acquedotto paralleli alla galleria Vittoria, diventando anche sicuro rifugio per imbarcazioni e merci fin dai tempi dell’impero romano. Dal 1850 in poi si sviluppò invece il progetto di costruire nuove vie di comunicazione, che tuttavia non è mai decollato. I passaggi sotterranei furono allora utilizzati da militari e civili durante la seconda guerra mondiale come rifugio antiaereo e per scampare all’esercito tedesco. In questo contesto venne progettato l’ascensore - ceduto dal Comune alla Telecom per la costruzione della centrale telefonica - che porta negli uffici della società accanto alla Nunziatella. Era dotato di 2 cabine, ognuna delle quali attrezzata per trasportare 10 persone, una scala d’emergenza, due piani intermedi e un motore elettrico a corrente continua. Fu chiuso alla metà degli anni ’60 per lavori di ristrutturazione terminati nel 1967. Venne ufficialmente riaperto il 24 aprile 1968 ma il servizio fu sospeso di nuovo dopo pochi mesi, il 3 settembre dello stesso anno, a causa di infiltrazioni d’acqua. Oggi la sfida dell’amministrazione è rimettere in piedi lo storico ascensore centrando, come auspica l’assessore Guida, due obiettivi in uno: «Restituire alla città un pezzo di memoria, che potrebbe diventare anche un’attrazione turistica, e ripristinare un’infrastruttura utile dal punto di vista della mobilità