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Tram onirico - Racconti di vita e di tram

Ultimo Aggiornamento: 24/11/2013 15:16
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05/01/2007 19:01
 
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tranviere veterano
Veramente belli questi pensieri Ale..
Sei un grande!!
[SM=x346220]

http://www.associazionesiloe.flazio.com/
http://www.duegieditrice.it/
05/01/2007 22:29
 
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Un pensiero per voi
Condivido in pieno il commento di Maurizio Pannico
[SM=x346220]

[Modificato da Francesco Angrisani 05/01/2007 22.30]

05/01/2007 23:09
 
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maestro tranviere
Davvero belli. Bravissimo Ale [SM=x346220] .

[Modificato da BiagPal 05/01/2007 23.09]


08/01/2007 09:45
 
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tranviere veterano
Grazie!!!
Volevo solo chiedere scusa se non ho precisato che le parole scritte in "Un pensiero per voi" hanno una filosofia di vita e speranza. Un ringraziamento a tutto e un saluto conseguenziale.

X Francesco E. : Scusa!!! I' m sorry [SM=x346249] [SM=x346225] [SM=x346228]

Alessandro
08/01/2007 10:24
 
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tranviere veterano
X BiagPal
Vedi che ci sono altri miei racconti

Alessandro
11/01/2007 09:41
 
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tranviere veterano
Sto per trascrivere un pezzo molto romantico [SM=x346239]

Alessandro
12/01/2007 04:17
 
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tranviere veterano
ho letto solo il primo pezzo di queste 4 pagine...ma giusy dov'è finita? So che dovrò pur farmi una padellata di caaa...voli mia però boh ho letto una bella favola della buona notte

e come disse il biscardo: Denchiu..
16/01/2007 12:03
 
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tranviere veterano
x Cori x
Giusy è una persona realmente esistente, non fa la tranviera e non vive a Napoli. Quella vicenda è pressocchè vera perchè ruguarda un incontro avvenuto a Napoli in settembre del 2004.
E' chiaro che ci sono cose inventate come per esempio i tram che vanno ancora al Dazio di Bagnoli e altri particolari.
Una favola? Certo che lo è... [SM=x346239]

Alessandro
16/01/2007 12:21
 
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tranviere veterano
Eterna
Fiore di ogni campo
seme di ogni albero di ogni monte
atomo di ogni vento che accarezza la pelle dei bambini
viva luce dei tuoi occhi, lanterne che squarciano il buio.
Bella signora, questo insulso alchemico individuo ha realizzato pozioni magiche colorate:
Arancione: rende più squisiti i frutti della terra.
Rossa: per la passione.
Blu: per il mare, che rende le sue acque dolci come quando sorgono dalle rocce di un monte.
Nera: per scrutare il cielo e le sue stelle; sarà come se tu fluttuassi nel pieno cosmo.
Ma quella particolare è incolore; sembra semplice acqua da bere.
Se ne igerisci un po' e pensi ad una persona in quell' istante te ne innamori... a me è capitato di berla pensandoti!!!
Non ho nessun antidoto...forse non ne vorrei mai realizzarne uno!
Tu dolcissima strega
essere da sinuose curve
essere profumato di essenza di cedro del Libano.
Volto di speranza e di attesa, volto di ammaliante sorriso.
Tu, spendida e fragile bambolina di ceramica.
Ti prego, scegli di conoscermi. Segli, ti prego, di parlarmi di te. Segli la mia strada perchè io, la tua, l' ho cercata e la percorro dall' inizio dei tempi.
Scegli le mie mani, il mio volto. i miei occhi. Scegli, ti prego, il mio battito vitale, il mio respiro, il mio odore.
Se tu vuoi, scegli me!!!!




Alessandro
30/01/2008 13:14
 
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tranviere veterano
Novità:
Ho già scritto una storia ambientata negl' USA nel mezzo delle guerre Indiane e sulla Frontiera che spariva.
Questo racconto è dedicata ad una persona per me molto speciale [SM=x346227] e che ha già ha letto "l'opera".
L' ho scritta in Inglese (Antonio,non ridere [SM=x346249]) ma qui la scriverò ovviamente in italiano.

Alessandro
30/01/2008 18:44
 
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maestro tranviere
Mettila pure in inglese ...
... prometto che riderò sottovoce [SM=x346236]

[SM=g8806]

31/01/2008 13:50
 
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tranviere veterano
No... la scrivo in italiano anche perchè ho più padronanza di ciò che voglio raccontare. Comunque è stata capita e apprezzata nonostante le difficoltà linguistiche. Evidentemente chi l' ha letta mi capisce [SM=x346227]

Alessandro
31/01/2008 15:40
 
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maestro tranviere
Chi è? Il traduttore universale di Star Trek? [SM=x346231] [SM=x346231] [SM=x346231] [SM=x346231]

Scusami.... te la sei proprio cercata! [SM=x346231]


Cmq... i versi mi piacciono, complimenti! [SM=x346220]

www.novaconcentusvocalis.it
"Where no man has gone before"
01/02/2008 13:43
 
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tranviere veterano
x Francesco E
Vedi che non parlavo di "eterna" , ma è un nuovo racconto ambientato negl' anni '70 del 1800 negl' Stati Uniti; è la storia di un guerriero-capo Lakota (Sioux) a di una ragazza Cheyenne. Sto aspettando a scriverlo nel forum solo che lei (ossia colei a cui ho dedicato questa storia) mi mandi il titolo perchè ho voluto che Julia lo scelga.
(mi sa che la conoscerete presto [SM=g8806])



Alessandro
01/02/2008 14:28
 
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maestro tranviere
[SM=x346228] e mi rispondi pure... sei disarmante!

www.novaconcentusvocalis.it
"Where no man has gone before"
04/02/2008 13:59
 
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tranviere veterano
Infatti, quando mi fermano i carabinieri e la polizia mi cedono le loro armi. Succede lo stesso quando mi vogliono rapinare armi in mano... si sono disarmante [SM=x346251] [SM=g9422]

Alessandro
12/12/2008 12:10
 
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tranviere veterano
nuova storia:
ambientata nella Russia del secondo conflitto mondiale. Ieri ho mandato ad Augusto il materiale.
X Augusto: aspetta a postarla, ok? [SM=x346220]

Ho dimenticato del tutto di postare il racconto dei pellerossa [SM=x346225] [SM=x346249]

Alessandro
29/12/2008 08:15
 
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apprendista tranviere

VOLO KIEV - NAPOLI. UN AMORE, SOVRANO DEL TEMPO

Napoli, anni ’80… Nel quartiere di Fuorigrotta in una palazzina in via Giuseppe Testa nei pressi della stazione della metropolitana di Cavalleggeri Aosta, due generazioni si incontrano.

Un uomo di 70 anni, tale Alessandro Galli, pensionato, ex- tramviere per l’ azienda dei trasporti pubblici napoletana conosce un ragazzo che studia lingue all’ Orientale di Napoli e che ha trovato un piccolo appartamento in quella zona della città. Questo giovane, anche lui di nome Alessandro, è amante delle lingue slave, quindi ha scelto di studiare il russo e le lingue attigue, come l’ ucraino, il bielorusso,etc.

Alessandro, il giovane studente, è una persona incuriosita dalla voglia di conoscere, sempre alla ricerca di storie vissute da ascoltare. Ha una bella e profonda relazione d’amore con una studentessa kieviana venuta in Italia per un progetto di scambio tra l’ Università partenopea e quella di Kiev. Per loro fu un colpo di fulmine, si conobbero un anno prima ad una serata organizzata alla Mostra d’ Oltremare, sempre a Fuorigrotta, dalle medesime con scambi culturali e musicali. Scoppiò, senza che la cercassero, la classica scintilla che accese un amore vero e molto profondo. Passarono insieme tutto il tempo , mai scaturiva un litigio e, nei pochi momenti di incomprensione, la pazienza dell’ uno e dell’ altra, trovavano la soluzione per ogni cosa. Chi li vedeva aveva nello stesso tempo un po’ di invidia e compiacimento, eran fatti l’uno per l’altra. Ma si sa: gli studenti od operatori di similari progetti vengono ospitati dai paesi stranieri per circa un anno e per Julia, ahimè, il tempo sta per terminare: tra meno di una settimana la ragazza dovrà tornare a kiev. I due discutono circa la loro imminente separazione forzata ed entrambi versano lacrime perché non vogliono dividersi. Insieme si completano e sarebbe uno schiaffo all’amore perchè due persone, così innamorate, si devono dividere contro la loro volontà.

L’ anziano tranviere, abitando nello stesso pianerottolo, fortemente sensibile, non ha potuto fare a meno di sentire i ragazzi piangere. Ogni volta che li sente soffrire, il suo cuore si spezza in due per la tristezza.

Il tempo passa inesorabile e il giorno della partenza di lei è arrivato. I ragazzi non fanno altro che essere in lacrime, non fanno altro che abbracciarsi, l’ultima notte vorrebbero fare l’amore ma tante sono le emozioni, la paura di vivere lontani l’uno dall’altra che non ne sono più capaci di farlo, così decidono di abbracciarsi per tutto il tempo dicendosi frasi eterne che è molto raro sentire. E’ giunta l’alba. L’aereo per l’Ucraina è per le 10. Verso le 7 escono di casa. Piangono a viso nascosto. Il vecchio li sente, anche lui è coinvolto, anche lui spende una lacrima per quei poveri e meravigliosi figli. Vorrebbe parlare loro, dire qualcosa, ma non trova il coraggio per farlo. Non può fare altro che lasciarli andare. Devono raggiungere Capodichino, è alquanto lontano da Cavalleggeri, devono prendere la metropolitana che li porta sino a piazza Garibaldi e da lì dovranno prendere l’ autobus dell’ aereoporto .

La ragazza di kiev è molto bella. Ha ragione quel povero figlio a piangere.

Nel silenzio del suo appartamento, Alessandro, il tranviere, si prepara il consueto caffè. Pensa a quella giovane sfortunata coppia, pensa al suo passato in Russia e pensa che allo stesso tempo è anche fortunata: è davvero difficile saper amare, è davvero difficile denudarsi di tutte le proprie armi e divenire del tutto vulnerabili di fronte alla persona che si ama; quei ragazzi lo hanno fatto, si sono conosciuti in toto e l’amore li ha premiati, ma non il destino; è come se in qualsiasi punto del cosmo l’Amore e il Destino assoluti abbiano fatto a botte l’uno contro l’altro, vincendo o perdendo entrambi. Ma la vita ha sempre qualche asso nella manica, chissà….

E’ mezzogiorno: il tranviere sente l’ arrivo del ragazzo. Accidenti: queste porte e queste mura sono sottili sembra che non ci siano, si sente tutto. In quel condominio nessuno può aver segreti. L’anziano vorrebbe parlargli, ma non lo fa. Sente il ragazzo entrare nel suo appartamento; il tranviere esce dal suo per sostare sull’uscio d’ ingresso di casa sua: sente piangere… rientra a casa per iniziare a cucinare qualcosa per il pranzo.

I giorni passano e la vita continua. Qualche volta , la sera, Alessandro il tranviere, raggiunge gli amici di sempre al dopolavoro. Lui filosofeggia con gli amici e, in quell’ occasione, racconta loro la storia dei due giovani, coinvolgendo del tutto anche loro. Alessandro è appassionato di musica. A volte lui e i suoi amici organizzano cene, essendo anche ottimi cuochi. A volte vanno al teatro e, per non cambiare le abitudini, si organizzano per un giro in tram. Da piazzale Tecchio sovente che prendono la linea 1 che si reca al centro visitando poi qualche libreria o prendono il caffè e poi tornano. Il tranviere, analizzando la propria vita, non dimentica quell’ ennesimo incontro tra Ucraina e Italia rappresentata dai due ragazzi.

Un giorno, tornando a casa, il tranviere incontra il giovane Alessandro, si salutano e chiacchierano su tante cose: l’ Università, la filosofia, sulla squadra di calcio del Napoli (che forse è l’anno da scudetto)e di donne. Il tranviere, grazie al suo amore per la filosofia, è abile a far parlare la gente, così, invitando il giovane studente a casa per un caffè, iniziano a scambiarsi le proprie emozioni, i propri pensieri come fossero coetanei. Stimolando la curiosità del bel giovane, gli chiede da dove venisse quella bella ragazza tanto importante per lui:

-Dall’ Ucraina, da Kiev precisamente- Gli risponde.

-Che combinazione!- gli dice con un tono teatrale (In realtà il tranviere aveva capito da dove venisse quella ragazza, riconoscendo un po’ l’accento)

Pensando al suo passato, l’astuto vecchio cerca la giusta formula per alleviare i dolori d’amore dello studente, preludendo così:

-Ti devo confessare una cosa- dice al giovane ignaro- ti ho sentito piangere, e ciò mi è dispiaciuto molto. Perdonami, ma qui le mura dello stabile sono sottili.-

Un po’ sorpreso Alessandro, lo studente, lo rassicura: - non si preoccupi, mi dica.

-Ho combattuto in Russia durante la seconda guerra mondiale, lo avresti mai immaginato?

-No, è qualcosa di molto personale, come potrei saperlo?

-Già! Hai perfettamente ragione

- Immagino- continua lo studente- che, leggendo articoli o riviste al riguardo, o vedendo documentari in televisione non credo affatto che sia stata una passeggiata,l’odio, la morte e la sofferenza è ancora viva in chi può ancora raccontare.

-Si, caro ragazzo…. Erano tempi davvero duri e non comprendo ancora chi è più fortunato se chi è caduto durante quell’atroce conflitto o chi è sopravvissuto come me.

Io, dopo decenni dalla fine della guerra, ho ancora gli incubi, visioni, che credo non mi lascino più, integrate nel più profondo anfratto del mio animo. Continuo a piangere ancora oggi per ciò che vidi e che non auguro a nessuno.

-Quindi Il regime la mandò in Unione Sovietica?-gli chiede l’erudito ragazzo.

Dammi del tu, Alessandro. Siamo vicini di casa, hai il mio stesso nome e sono contento che tu mi fai domande; non deve esserci distanza tra noi.

-Il Regime mandò il mio reparto, appartenente alla Divisione Julia, lo stesso nome della tua bella, contro l’ Unione Sovietica. L’Armata Rossa era ben addestrata alle intemperie, considerando che, comunque, era casa propria. Il freddo, circa i 40 gradi sotto lo zero, era talmente estremo che non si riusciva ad aver nessuna emozione tranne la paura o l’odio verso i soldati avversari. Vedevo i miei compagni cadere come birilli a causa del fuoco nemico; noi ci difendevamo bene, tanto che gli Alpini furono rispettati per la loro tenacia. In combattimento noi non ci facevamo caso ai commilitoni che morivano, qualcuno avrà anche pensato: “meno male che non è successo a me!”

-Tu lo hai pensato ?

-Tante volte, Alessandro, tante volte; adesso provo un rimorso che uccide l’anima…. Ripeto: non so se sono stato fortunato a sopravvivere.

-Ma c’è una storia in questa storia- rammenta il vecchio tranviere- durante il ritiro dal Don, non ricordo come, mi allontanai dalla grande colonna,perdendomi. La visibilità era pressocchè nulla, e non ricordo se mi feci prendere dal timore di perdere la vita. Da un lato cercavo la sorella morte, ma dall’altra parte c’era l’istinto di sopravvivenza che mi faceva camminare in destinazione ovviamente ignota. E’ probabile che camminai per due o tre giorni, non sono in grado di definire e non chiedermi come feci a sopravvivere. Fortuna volle che trovai una “fèrma” che in lingua ucraina significa “fattoria”, in realtà era un’ isba o hata. Mi precipitai per trovar rifugio e per mangiare. Notai che usciva del fumo dal comignolo e andai alla porta, bussai con violenza, gridai più volte in russo “cibo per favore” - Jeda pozalujsta- traduce il ragazzo. –Ottimo figliolo !!! –Il tranviere continua a raccontare: -Gli abitanti evidentemente credettero che chi bussava fosse un soldato sovietico e aprirono subito la porta. Videro un soldato italiano, o meglio: un tranviere napoletano sradicato dal suo bel tram per andare a uccidere o a farsi ammazzare da tranvieri russi.

-Cosa successe?

-Non lo so, svenni per lo stremo. Mi risvegliai in casa, sul pavimento. Ancora non so spiegarmi perché non mi uccisero; forse per compassione o capirono che ero inerme. Quando mi svegliai mi puntarono un fucile addosso. C’ era solo una giovane donna e, immagino, il suo anziano padre. Nei lunghi momenti di silenzio, atterrito mi guardai intorno. Il camino era grande, tutto era in legno e varie vettovaglie in alluminio, molto usate dal loro stato di degrado, notai un portaritratto con una foto: c’era quella giovane donna che mi gridava in sovietico con un giovane uomo, supposi che quello fosse stato il marito e che, chissà, forse in quel momento combatteva contro i nazisti o che in quel momento fosse anche morto, magari ucciso da me.

Conducevano una vita per niente facile; erano sotto il dominio dello Stalinismo e, con l’evento del conflitto mondiale forse il governo Sovietico dava qualche sostentamento in più alle famiglie dei soldati russi, dato che la maggior parte degli uomini era lì a sparaci addosso e noi a sparare loro. So che Stalin, per liberare gli stati sovietici dalla minaccia nazista convinse il popolo come suoi cari “compagni patrioti” senza macchia, pronti a morire per lui. Che starno: prima portò allo stremo la gente e poi, per respingere quell’ altro matto di Hitler, tutti divennero eroi ai suoi occhi.

-Cosa successe in quella fattoria o hata e dove era ubicata?

-Compresi dopo che era in Ucraina ai confini con la Russia. Quella gente semplice mi immobilizzò e mi gridava in russo. Vidi terrore nei loro occhi, ma io ero più terrorizzato di loro, mai ho implorato così tanto in vita mia. Il vecchio era pronto a tutto pur di difendere colei che supponevo fosse la figlia o la nuora. Lei era davvero bella! Io cercavo di far capire che non avevo cattive intenzioni, ero molto stanco di uccidere o di rischiare di essere ucciso, non capivo perché succedeva tutto quella mattanza umana in quei terribili anni.

Con dei gesti cercavo di farmi comprendere, volevo mangiare qualcosa, riposare, volevo tornare a casa, volevo guidare i tram a Napoli.

Anche loro volevano comprendere cosa dicevo. Dopo ore di tensione tutto si stava trasformando in curiosità ma mai abbassavano la guardia. In quel momento entrò un’anziana donna. La poverina, appena vide la scena, grido per il terrore. La giovane donna parlò in tono alto alla vecchia; compresi che era la madre, da quel poco che conoscevo del russo sentii dire la parola “maty”, che poi scopersi che era lingua ucraina. Discussero molto sulla situazione, non capivo cosa dicessero perché parlavano velocemente. Credevo che sarei morto di lì a poco. Non fu così. Dopo molte ore di dubbi, perplessità decisero di nutrirmi dandomi una ciotola piena di non so quale cibo; non mi importava nulla, mi avventai su quella coppa, mangiai con tanta foga che non passò un minuto per finirla. Me ne diedero una seconda che consumai con un po’ più calma. Mangiai sempre sul pavimento. Compresero che non avevano motivo di preoccuparsi per la mia presenza ma continuavano ad essere guardinghi . Avevo molto prurito dovuto dalla poca igiene. In quelle circostanze non si pensava a lavarsi, a prendersi cura della propria persona come è giusto fare in condizioni normali. Desideravo lavarmi, levarmi di dosso quello straccio di divisa . La donna giovane comprese questo e parlò con il vecchio; ci misero un po’ per decidere ma alla fine mi diedero la possibilità di lavarmi; loro prendevano da fuori la neve per poi scioglierla sul fuoco perennemente acceso. La casa era discretamente calda. Mi fecero entrare in un’ area separata da una tenda scorrevole: era ciò che per loro era il bagno. Lì ci si poteva lavare.

Il freddo mi era entrato nelle ossa, non riuscivo a levarmi la divisa, ricordo che il mio cattivo odore era pungente, ma d’altronde, come potevo lavarmi; nessuno di noi poteva farlo, ne italiani, ne russi e ne tedeschi… era orribile!!! Provai una vergogna che mai dimenticherò. La vecchia entrava e usciva dalla fattoria per racimolare più neve possibile per poi scioglierla sul fuoco, producendo così acqua calda.

Ero tanto imbarazzo, e temevo comunque che quella gente cambiasse idea sulla mia sorte, pensavo a mille cose, ma non pensavo a difendermi perché non avrei mai avuto la possibilità, quelle persone erano pronte a sparare al minimo sospetto di attacco da parte mia.

Mi ero spogliato, la tenda era chiusa, entrai nel catino, all’ improvviso l’ anziana donna aprì la tenda, aveva due secchi pieni d’acqua fumante. Il mio imbarazzo crebbe ancora, tanto che con le mani coprii le parti intime. La donna mi disse qualcosa in russo e poi sentii ridere con gusto il vecchio e la giovane donna. Poi la donna raggiunse i suoi familiari; continuarono a ridere. Io mi lavai con lenta attenzione. Dopo un po’ usci dal catino, mi asciugai con degli stracci che mi diedero a disposizione; entrò sempre la donna con dei vestiti dicendomi qualcosa; ho pensato che mi avesse ordinato di vestirmi , cosa che feci presto. Nonostante l’acqua calda mi diede beneficio, continuavo ad aver freddo. Una volta indossato quegli abiti a me offerti, mi presentai alla famiglia. L’uomo mi indicò un rasoio facendomi comprendere subito che avrei potuto radermi, cosa che mi rese felice al solo pensiero di non dovermi più grattare. Che bella sensazione quella lama sulla mia pelle. Quando finii, mi videro… rimasero stupefatti per la mia bellezza. Credimi, Alessandro mio, ero un bel giovane!!! La ragazza mi osservò da cima a fondo, credo che si dimenticò di avere un nemico di fronte. Anche io ero più tranquillo, potei godermi la visione di una bella ragazza dell’ Ucraina sovietica.

Io ero sempre in imbarazzo mi rannicchiai in un angolo come un cagnolino bastonato. Avevo anche un senso di colpa, mi sentivo responsabile per i soldati russi che riuscii ad uccidere e per gli italiani uccisi. Io ero e sono un semplice tranviere. Quelle persone, non so per quale volontà trascendentale, mi accolsero con la consapevolezza di chi io fossi. Non ho mai compreso questo disegno, ma fu un toccasana per i nostri cuori.

Era forse ora di desinare, ma continuavo ad essere immobile nel mio angolo. Incredibile! In tutta l’Unione Sovietica e nel resto del mondo vi era l’inferno e gente che moriva. In quella fattoria nella piena steppa, forse si stava creando un’atmosfera di pace. La donna anziana parlò come se dava ordini: la giovane e l’uomo si mossero quasi in sincronia; l’uomo prese una pesante ascia e uscì di casa, la giovane donna prese un coltello e andò in un’altra stanza; tornò dopo cinque minuti con delle verdure. La donna anziana prese un marmitta la riempì d’acqua e la pose sul fuoco. L’uomo rientrò in casa con un grosso pezzo di qualche animale, lo pose a terra affianco al grosso camino. Era il pezzo di un animale ucciso e lasciato tra la neve affinchè si congelasse, in questo modo quella gente si rassicurava il cibo durante i lunghi e freddi inverni delle steppe sovietiche. Io non mossi un muscolo, sentivo il rimorso rodere il mio cuore come fosse un lupo che divorava un mite agnello, tanto meno nessuno di loro mi affidò la più semplice mansione. La ragazza aveva sempre con se il fucile. Pochi erano i momenti di distrazione, ma vi erano anche gli altri che continuavano a controllarmi. Più il tempo passava e più avevo voglia di piangere, pensavo sempre più alla mia Napoli e mi ritenevo un uomo stupido perché, durante il tempo di pace, mi arrabbiavo sempre con i miei concittadini quando salivano sul tram; non li sopportavo, ma da quell’ esperienza in Russia mi resi conto che le mie reazioni contro il prossimo erano superflue ed inutili; se mai un giorno fossi tornato a Napoli, giurai su me stesso che mai avrei inveito contro gli utenti del mio tram. E così è stato. Le forti esperienze insegnano ad amare il buon senso.

Intanto la carne fu messa in acqua bollente per scongelarla. In un secondo momento l’uomo ebbe la possibilità di tagliarla a pezzi e cucinarla sul fuoco. Dopo che loro mangiarono, la vecchia prese qualche pezzo , lo pose in una ciotola e mi offrì il cibo. Mangiai con gusto anche se mancava il sale, non ne avevano, ma era buono lo stesso. La giovane donna mi osservava ,avendo sempre il fucile con se. Ma era cambiato il suo sguardo; la paura stava quasi svanendo, era come se, in condizioni normali, una donna notava un uomo, era come se un interesse o curiosità cresceva sempre più. Quando fini il mio piatto, volli alzarmi per posare la ciotola vuota sul tavolo, lo feci con cauti e lenti movimenti. La mia attenzione fu attratta da quel ritratto della giovane con un uomo affianco; rassicurando i presenti, mi ci avvicinai per vedere meglio la foto un po’ sbiadita. Dopo un minuto circa di silenzio la giovane donna mi disse “Mij ciolovik”, ossia “mio marito”, poi disse un’ altra frase che, stando attento ai suoi gesti, capii che mi diceva: “sta combattendo contro i tuoi amici”. Tornai subito al mio posto, sul pavimento e pian piano mi addormentai.

Il giorno dopo l’uomo mi svegliò con leggere pedate, voleva ch’io lo seguissi… era necessario trovare altra legna. Non seppi per quanto tempo dormii, ma non lo ritenevo importante. Mi sentivo indolenzito perché avevo riposato sul duro, ma avevo comunque guadagnato un po’ di forze. L’uomo mi diede un soprabito, l’ ushanka il tipico copricapo che si usa da quelle parti per combattere il freddo, una fufajka, una sorta di soprabito abbastanza pesante e un sacco in juta da riempire. Prese la stessa ascia che usò per tagliare l’animale congelato nel ghiaccio e uscimmo. Non passarono due giorni da quando entrai in quell’ hata, ma sentii che quelle persone si stavano tranquillizzando e, di conseguenza, anche io. Seguii quell’ uomo senza dire una parola o fare un gesto; l’istinto mi guidò all’ ubbidienza. Era meglio per tutti. Camminammo per molto tempo, egli mi precedeva, potevo colpirlo ma non mi venne in mente. Lui non ebbe nessun timore, agiva bene: non l’avrei mai aggredito; a me quelle persone servivano vive, se le avessi uccise, mi sarei perso perché non avevo la minima idea dove fosse quella fattoria e poi era sicuramente un reato ucciderle. Ultima considerazione, ma non meno importante, era che quella ragazza incominciava a piacermi. –Descrivimela!- -Ogni cosa a suo tempo, ragazzo! –dice il tranviere con un tono di rimprovero, poi continua a raccontare: -Finalmente scorgemmo della vegetazione, c’erano degli alberi spogli dalle foglie e altri spezzati dagli esiti di una battaglia, infatti l’uomo raccolse prima i rami giacenti sul terreno , che ne erano tanti, poi valutò se i sacchi erano pieni. Decise di tornare a casa, prendemmo la strada a ritroso. Il cammino era lungo, mi accorsi che era davvero faticoso. Facemmo brevi soste. Mai avrei potuto immaginare la forza di quell’ uomo, camminava spedito, un po’ perché era abituato e un po’ per la preoccupazione di aver lasciato le due donne sole. Cosa che condividevo appieno. Raggiungemmo la fattoria, e posammo a terra i sacchi di juta, ero esausto ma soddisfatto, non volevo illudermi, ma sentivo il dolce candore familiare. Non sapevo cosa pensare: se essere distaccato o lasciarmi coinvolgere da ciò che poteva non esserci. La giovane donna mi osservò e mi sentii addosso i suoi occhi come fossero le sue gentili mani, poi si rivolse all’ uomo chiamandolo “tato”, compresi finalmente che era il padre. La domanda che soventemente mi ponevo era se quell’ uomo nella foto fosse vivo a combattere i tedeschi o morto. Da un lato avrei preferito sapere che fosse deceduto in battaglia e dall’ altro non avrei mai voluto, c’era già abbastanza sofferenza… insomma: mi stavo innamorando. Era molto bella. Ma mi tolsi quei pensieri dalla testa così aiutai il padre a mettere la legna nel granaio. Ma, ahimè, mio giovane Alessandro, successe ciò che non doveva mai succedere, il diavolo ci mette sempre la coda nelle faccende umane. Eravamo fuori. Per raggiungere il granaio, si doveva percorrere una quarantina di metri allo scoperto, ma nessuno di noi pensò al pericolo: sentii uno sparo e subito dopo l’uomo si accasciò al suolo con sangue che gli usciva dal capo. Qualcuno lo freddò. Mi buttai a terra e cercai riparo, quasi gli ignoti assassini mi raggiunsero, sperai e pregai che non fossero dei miei connazionali, sarebbe stato più difficile per me difendermi. Erano tre e parlavano in tedesco. Nostro Signore accolse la mia preghiera, erano soldati nazisti. Dalla fattoria aprirono il fuoco colpendone uno a morte. Gli altri si rifugiarono subito dopo aver perso il loro compagno, io presi il mitragliatore del soldato morto e qualche munizione, così scelsi di difendere quelle donne. Ne vidi uno, non esitai a scaricargli il caricatore addosso. Lo colpii; ne rimase uno che scappò. Non pensai che quello era mio alleato, pensai alle donne come se fossero rispettivamente mia moglie e mia suocera. Riuscii ad abbattere anche il terzo. La mia paura era di trovarne altri, così presi le altre armi e con circospezione perlustrai la zona. Pregai tanto che non ci fosse stato nessuno. Quel dì Iddio nostro mi ascoltò, quasi come se mi avesse ubbidito. Tornai e vidi le donne straziate dal dolore per la perdita improvvisa del loro amato. Non sapevo che fare: mi guardarono, non so se con odio, non so con quale sentimento penetrarono le mie membra con i loro occhi. Io mi misi in ginocchio, diedi loro le armi dei soldati tedeschi e feci puntare le armi su mio capo e pregai loro di premere il grilletto. Non potrò mai spiegare cosa avevamo nei nostri cuori in quei momenti, ma se sono qui a parlarti, mio caro Alessandro, significa che quelle donne non spararono. Dopo aver eseguito tutti gli onori che un buon uomo ha il diritto di avere, lo seppellirono fuori nella steppa. Io non le aiutai perché era una cosa personale e forse non mi sentii degno di farlo; mi sentii sporco dentro per ciò che avvenne. Tornarono in casa senza dire nulla, il silenzio tornò sovrano tra quelle mura. Mi sentivo fuori luogo. Dopo una notte di riflessione volli andare via. Il mattino seguente, preparai quel poco che avevo, ma fui fermato dalla giovane donna, con il suo grazioso capo fece cenno di no, piangeva. Ci guardammo a lungo negl’ occhi, ci abbracciammo e ci baciammo con foga. L’impeto era talmente forte che cademmo a terra, ci spogliammo in modo sgraziato… volevamo che i nostri corpi fossero tutt’uno, volevamo vivere. Lei mi portò nella sua stanza e facemmo l’amore. Non so se la madre se ne accorse, forse si. Non volle distruggere quel magico momento. Un raro momento d’amore, in anni di odio e morte, è sacro, va lasciato crescere. Io ero innamorato di quella giovane donna, non sapevo quanti anni avesse ma lei, i miei vent’ anni lì amò tutti. Mai ho sentito tanto amore come quello da una donna, mai ho voluto donarne tanto, per me era tutto naturale: essere con lei, scambiarci la pelle, prendermi cura di lei, per me era importante e lo stesso valeva per lei. Sentivo che mi amava, sentivo che avrebbe attraversato gli oceani per me e lo avrebbe fatto, ma aveva un marito che poteva tornare da un momento all’ altro e se mi avesse trovato lì, uno di noi doveva morire. Ci amammo con estrema sincerità e con un amore intenso. Mai ho vissuto un’ esperienza così forte. Il mio desiderio era sposarla senza nessun dubbio. Volli ardentemente che quella donna … continuo a desiderarla, anche se son passati decenni. Sino a quel momento non sapevo il suo nome, volevo che diventasse mia moglie. Sarei rimasto lì… la guerra prima o poi doveva finire, così in Italia saremmo tornati in tempi migliori. Passarono dei giorni dopo la morte dell’ uomo, si sentiva la mancanza, era lui che si occupava della legna, dei pochi animali che avevano, di riparare dove era necessario, così presi io le redini di quella casa. Era un onore per me, ma triste; le donne continuavano a piangere quell’uomo, reazione del tutto legittima. Forse ero caduto nell’egoismo, ma stavo bene in quella casa, mi sentivo preso in considerazione e apprezzarono molto di averle difese dai miei stessi alleati, comprendendo che avevo rischiato la mia vita per loro. Era una cosa immensa che ebbero ricevuto. Mi presi cura di entrambe le donne. Finalmente seppi il nome della ragazza: si chiamava Ira e la madre Olga. Mi piacevano, ero felice. Io e Ira ci amavamo tanto ed ogni volta che io entravo in lei era per come un dono dal cielo, come se qualcuno mi avesse affidato quella bella creatura e di conseguenza mi piaceva coccolare anche la madre come un figlio affettuoso. La vecchiaia non le intaccava la sua bellezza. Avendo i mitra dei soldati tedeschi, eravamo più tranquilli. Se era necessario raccogliere altra legna, ci pensavamo io ed Ira; partivamo, ma eravamo in guardia. Non era salutare incontrare nessuno degl’ eserciti che si combattevano tra loro; se avessimo incontrato soldati sovietici, io sarei stato giustiziato e le donne mandate in Siberia, magari prima stuprate. Se avessimo incontrato degl’ italiani, forse i meno pericolosi, avrebbero stuprato le donne e giudicare me come traditore. In cuor mio sapevo che questa possibilità era remota, ma volli essere molto prudente. Se invece avessimo incontrato altri nazisti…. Bhe… abbiamo visto come andò a finire. Comunque il nostro amore ci diede coraggio e il pregare Dio ci diede voglia di continuare quella assurda ma bellissima storia che nacque nei nostri affranti cuori. Ira era di statura alta poco meno di un metro e ottanta centimetri, i suoi lunghi capelli erano castano scuri e, per la lunghezza riusciva a creare una bella corona di trecce. I suoi occhi erano castani leggermente orientali, gli zigomi erano un po’ pronunciati. Il suo corpo era longilineo ma modellato bene e le sue gambe erano bellissime da baciare e da accarezzare. Aveva un incisivo che sporgeva un po’ e le dava personalità . Per me era la donna più bella del mondo. Io volevo ardentemente la sua mano. Nei giorni seguenti non si faceva nulla di particolare, però imparammo le nostre lingue, io l’ucraino e loro l’italiano in modo che era più facile la comunicazione. In Unione Sovietica si parla prevalentemente russo, ma a Ira e a Olga piacevano la loro lingua madre: l’ucraino ed io volli imparare l’ucraino, ne ero fiero e innamorato.

I giorni passavano, si faceva la solita vita, io e Ira ci amavamo sempre più e questo a mamma Olga piaceva. C’era però il pensiero per Andreij, il marito di Ira. Loro mi dicevano che era un brav’uomo e che mai Ira avrebbe tradito. Credo che l’amore nato tra noi sia dovuto da tante tristi storie e troppe morti di quegl’ anni. Parlando sempre con più facilità, seppi da loro che persero in battaglia cugini e nipoti. Ma c’era anche un’altra verità: Io e Ira ci piacevamo e non sapemmo negare il nostro amore. Io non sono mai stato uno che ruba la donna altrui e compresi che Ira era una donna leale. Ci innamorammo e vivemmo quei momenti donatici dal cielo. Un giorno una donna raggiunse la fattoria, le mie donne mi dissero di nascondermi. Era una vicina che seppe che dei soldati ucraini stavano tornando, credo che fu un passaparola da hata ad hata. Parlarono per un po’, da quello che compresi si sperava della presenza di Andreij. Andreij era un ufficiale dell’ Armata Rossa. In quel momento mi cadde il mondo addosso, se ciò era vero, ero costretto ad andarmene…. Potevo affrontarlo , potevo ucciderlo ignaro della mia presenza in casa sua, ma Ira non avrebbe accettato questo, avrei deluso lei e la madre. Non era giusto, così accettai la mia sicura separazione da Ira. Quando quella donna se ne andò, Ira mi raggiunse e, piangendo, mi spiegò la triste realtà. Dovevo andare via al più presto possibile, piangemmo tutti e le dissi che l’avrei sposata e che le avrei dato tutte le mie amorevoli cure che un marito offre alla sua moglie. Il giorno dopo, dopo una notte di intenso amore, piangendo andai via. Volli lasciarle il mio indirizzo di Napoli, le dissi che, se mai sarei riuscito a raggiungere l’ Italia, di venire a Napoli, la città del sole, del sentimento, dell’ amore. Lei disse che era impossibile. Come avrebbe spiegato al marito l’esistenza di un foglio con sopra scritto l’indirizzo di un soldato italiano? Dopo un lungo addio, lei mi disse quale direzione prendere per kiev, così andai via dopo aver dato un grande abbraccio alla signora Olga. Se fosse ancora vissuto tato Valentin, sono sicuro che mi avrebbe salutato come fossi stato uno di famiglia. –Così vi separaste per sempre?- -Si, mio caro, fu una bella storia che auguro a chiunque. Fu un amore che è difficile spiegare, i nostri verbi, sostantivi, aggettivi, non sono in grado di dare un’idea dell’amore tra me e Ira. –Ma come sei tornato in Italia? -Fortuna, pura fortuna. Sempre in Ucraina ritrovai, grazie alle indicazioni datemi da Ira e dalla madre, i miei commilitoni. Le “Cicogne”, i ricognitori tedeschi ci guidarono verso la salvezza. ma questa è un’altra storia. Forse c’è un disegno da qualche parte del Firmamento, un disegno che mi ha dato la possibilità di raccontare questa storia d’amore in un mare di odio. Non ho mai saputo se Andreij fosse tornato a casa da sua moglie, non ho mai saputo se quell’ ufficiale sovietico fosse morto o vivo. So solo una cosa: io amo ancora quella ragazza, non so se è viva ancora, non so se la vecchiaia l’ha resa più brutta o più bella, io credo che se Ira fosse ancora viva, sarà bella come lo era mamma Olga. –Cosa devo fare con Julia? Qual è il tuo consiglio? – Amala con tutto te stesso, anche se farete vite separate, ama quella donna come mai hai amato. Se qualcuno vorrà la vostra unione in questo mondo, arriverà. Se non dovesse succedere, non ti far prendere dall’odio, dalla gelosia, dalla rabbia per non poterla toccare, per non poter fare l’amore con lei, continua ad amarla, qualsiasi cosa succeda. Se avete una corrispondenza, sii sempre gentile con lei, sii cavaliere, sii te stesso, ossia quel bel ragazzo per cui lei ha perso la testa, è l’unico modo per rispettarla ed amarla, a meno che il destino non vi faccia un ulteriore dono oltre a quello che avete già ricevuto. –Ma sarà molto difficile attuare questo consiglio, io la sogno ogni notte, la penso in ogni momento… - Alessandro, nessuno ti ha detto mai che amare è difficile, senza cadere nell’ egoismo? Tu ami quella ragazza e per questo la vorresti vicina, lo vorrebbe anche lei, ma per un motivo non può, voi vi desiderate ma non potete realizzare questa meraviglia che si chiama Amore. E’ un peccato e sono d’accordo con te, ma è anche un peccato forzare gli eventi. Ripeto amatevi più che potete, è l’unica cosa che potete fare, il tempo è signore. Questo vecchio tranviere napoletano ha finito di farti commuovere.

Ci sono dei lunghi momenti di riflessione da parte dello studente dal cuore trafitto. Qualche lacrima gli esce dagl’ occhi, ma comprende il messaggio dell’anziano e saggio tranviere. Il ragazzo si congeda da lui con forte abbraccio, va a casa sua e inizia a scrivere una lunga lettera alla sua amata; le scrive che mai si dimenticherà della ragazza da Kiev, che mai dimenticherà un solo istante passato con lei nella magica città del Vesuvio. Magica atmosfera che ha avvolto due persone che all’inizio di quel bellissimo idillio mai avrebbero sospettato un coinvolgimento completo di ogni atomo necessario, di ogni virgola detta e stampata tra le stelle provocando un turbine atomico tanto potente da sconvolgere l’intero universo ma anche talmente piccolo che si può racchiudere nel cuore di quei due ragazzi dall’ animo trasparente ed innocente. Grande cuore di quell’uomo che, vivendo un’esperienza nelle desolate lande dell’ Unione Sovietica, seppe, o per fortuna o per sua abilità, cogliere quel piccolo lume acceso in quella fattoria al confine tra L’ Ucraina e la Russia. Grande quell ‘uomo che seppe uccidere l’odio che era in lui durante i mesti anni di conflitto mondiale voluti da pazzi scellerati interessati a non si sa cosa, al denaro. Amò quella donna con tutto se stesso, rispettandola in ogni cosa, amando i suoi genitori senza rendersene conto, avendo il coraggio di lasciare un amore così grande. Non tutti, miei cari lettori, hanno queste facoltà, io stesso, che sono qui nella mia stanza a scrivere con questo portatile, per altro non mio, non so se sono abile ad aver tanto coraggio. Già, è proprio vero: amare è difficile e si deve anche saperlo fare.

Alessandro Cervarich novembre-dicembre 2008

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29/12/2008 17:23
 
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maestro tranviere
me la sono stampata e me la sono letta con calma sull'autobus.
E' un bel racconto, commovente, però.... la mano sul fuoco non ce la metterei. I vecchi tranvieri, nel mare del traffico, con quel timone del freno davanti, finiscono per sentirsi un po' marinai!
Per quanto riguarda te, oggi per fortuna non c'è guerra, i muri sono crollati da un pezzo, coi voli lowcost si arriva da per tutto...
Dai! oggi è più facile arrivare a kiev che a bagnoli-dazio!
29/12/2008 17:55
 
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tranviere veterano
VOLO KIEV- NAPOLI. UN AMORE, SOVRANO DEL TEMPO (piccolo epilogo)
Son passati due anni da quei giorni, da quelle parole dette, da quelle confidenze che hanno reso l'animo più leggero, almeno un poco, di Alessandro Galli e che hanno reso più sicuro lo studente.
Ahimè... Il Galli se n'è andato via da questo mondo. E' passato a miglior vita; niente mestizia, miei cari lettori, egli ha lasciato un'eredità molto preziosa dalla quale c'è possibilità di attingere e rendersi migliori. La sua esperienza in Russia, durante il secondo conflitto mondiale, l'amore per la filosofia, per la musica e la sua filantropia, nonostante tutto, ha donato,per chi vuole, per chi l'ha conosciuto (che non sono per niente in pochi), l' insegnamento verso il positivo, verso l'ottimismo. Ha insegnato al prossimo, per quel che gli è stato possibile, di tener duro nei momenti di sconforto che, nel corso del nostro vivere, ognuno di noi ha. Sicuramente il tranviere avrà colto la sua dolce Ira nel suo celeste tram, qual'ora anche la bella ucraina fosse passata a miglior vita.
A proposito di Julia e Alessandro... bhe, loro sono insieme. Durante il corso universitario, Alessandro viaggia spesso recandosi in Ucraina e in Russia per motivi di studio, così, incontrandosi, vivono con tranquillità il loro amore.

In questo presente, ossia nel 2008, non so se i due ragazzi, divenuti ormai adulti, vivono insieme o si sono sposati, o il loro amore è finito. Non è compito di questa breve storia organizzare un' indagine, ma posso lasciare a voi lettori la scelta se Alessandro e Julia sono insieme o separati. A voi la loro sorte.

Alessandro Cervarich

ps: Ringrazio con tutto il cuore Julia per i suoi preziosi suggerimenti sulla grammatica e sui vocaboli della lingua ucraina e russa.

Alessandro
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