I VECCHI TRAM DI ROMA

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XJ6
00giovedì 11 novembre 2004 07:49
Tranvia dei castelli Romani (Rocca di Papa) - 1907


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XJ6
00sabato 20 novembre 2004 08:59
Tunnel del Quirinale (Anni '20-'30)
XJ6
00lunedì 22 novembre 2004 07:46
Tranvia dei Castelli Romani (Castel Gandolfo)
Anche in Italia, sia pure per poco, hanno circolato dei tram a due piani (come quello, dismesso, che si vede in Totò e Marcellino).

Ho trovato testimonianze fotografiche sia di Roma (Tranvia dei Castelli) che di Milano (tranvie extraurbane). Non so, però, se ci siano stati altri double-decker italici su rotaia.




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XJ6
00mercoledì 24 novembre 2004 05:39
Tranvia dei Castelli Romani (Albano)
Ancora vetture a due piani sulla tranvia dei Castelli (tram a castello, quindi, ecco spiegata l'insolita - per l'Italia - configurazione a due piani [SM=x346236] )



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EmilTorino
00mercoledì 1 dicembre 2004 22:04
vetture composte
Mi risulta che a roma abbiano circolato tram, costruiti dalla materfer negli anni '50, costruiti con due truck collegati con un elemento centrale sospeso. E' corretto? avete delle foto?
Ciao Emil
Mark 815
00lunedì 20 dicembre 2004 20:54
Domenica 12 Dicembre
Inserisco due immagini relative alla giornata di Domenica 12 Dicembre



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[Modificato da XJ6 09/02/2005 23.49]

Mark 815
00lunedì 20 dicembre 2004 20:55
Paoloilfiorentino
00lunedì 20 dicembre 2004 23:31
Motrici articolate MATER
Caro Emil,
visto che il tuo messaggio del 1° dicembre è rimasto senza risposta, ti fornisco, con un po' di ritardo, le informazioni che hai richiesto.
Le motrici articolate a cui ti riferisci sono state costruite dalla ditta MATER di Roma accoppiando 50 motrici a due assi del tipo "8 finestrini" ad altrettanti analoghi rimorchi, con l'inteposizione di un elemento di collegamento privo di ruote, appoggiato alle casse delle due vetture adiacenti e provvisto dei caratteristici mantici di intercomunicazione. Ne risultarono treni articolati a quattro assi della lunghezza di 19,80, dotati di tre porte collocate rispettivamente sulla prima cassa, sull'elemento intermedio e sulla seconda cassa, del tipo detto in gergo "due camere e cucina". Numerate nella serie 5001-5099, entrarono in servizio dal 1936 al 1938 (non negli anni '50) e prestarono servizio sulle linee a più forte traffico, in particolare sulla "circolare nera", la circolare interna CD/CS. La drastica decurtazione della rete tranviaria romana conseguente alle Olimpiadi del 1960 le rese superflue, bastando per le non molte linee rimaste in esercizio le 125 MRS, le 50 articolate Stanga e le 20 PCC, alla cui affidabilità e robustezza si deve la salvezza del tram nella capitale, per cui a partire dal 1964 l'Atac le ritirò progressivamente dal servizio; 6 vetture vennero cedute alla Stefer, che, dopo averle dotate di livrea bianco-blu e di pantografo, come tutti i propri tram, le impiegò fino al 1972 sulle linee per Capanelle e soprattutto per Cinecittà.
Purtroppo non mi sembra di avere nella mia collezioncina di foto tranviarie alcuna immagine di queste simpatiche vetture articolate. Qualcun altro può provvedere?
Cordiali saluti da
Paolo
Roberto Amori
00martedì 21 dicembre 2004 04:47
Mi era sfuggita questa chiacchierata sulle Mater romane, una delle tante versioni italiane delle famose " due camere e cucina ".
Le Mater mi sono sempre piaciute, fra l'altro sono spesso presenti nelle cartoline e nei tantissimi film in b\n ambientati a Roma e di sicuro non amatissime dai tranvieri per la rigidità, il basculamento e la frenata approssimativa. Fra l'altro mi raccontano anche che deragliavano con una certa facilità.
Vetture di questo genere erano presenti anche a Torino, Milano, Genova, Napoli...
Come dicevo mi sono sempre piaciute perchè rappresentavano l'altissima professionalità artigiana in loco di recuperare e non sprecare, l'esatto contrario della globalizzazione quindi, materiale vetusto ma comunque rinnovabile e riutilizzabile ancora per anni e anni. Costruite senza fretta una per una e senza ansie da normative, omologazioni e chissà cosa dimostravano come si potesse direttamente in deposito e con neppure molti attrezzi moderni confezionare instancabili veicoli per le nostre città. Se penso che ora proprio a Roma giaciono distrutti e inutilizzabili modernissimi tram costati miliardi e mai circolati un solo giorno mi sovviene potente la nostalgia, che va oltre al puro fatto tramviario, e che mi riporta a casa dei nonni negli anni '50 e '60 in cui nulla veniva sprecato: la pasta avanzata a pranzo veniva riproposta a cena nella frittata, la cotoletta in più messa il giorno dopo nel panino per la scuola, il grasso di quando si uccideva il maiale che finiva nelle candele e nel sapone, poi ancora cappotti rigirati, pantaloni accorciati con maestria casalinga la sera dopo cena per passarli ai fratelli, i caldi risciacqui delle prime lavatrici trattenuti per lavare i pavimenti, le lattine dell'olio o dei pomodori tagliate e spianate per coimbentare sottotetti, ho ancora i " preti " che nonna usava per mettere la brace del caminetto dentro i letti per scaldarli d'inverno...potrei andare avanti per ore... eravamo così. Eravamo tutti meglio.




Augusto1
00martedì 21 dicembre 2004 19:12
per Roberto Amori
Parole sante, Roberto, parole sante. E complimenti per l'orario...:Sm13:
Paoloilfiorentino
00mercoledì 22 dicembre 2004 22:04
Davvero erano tempi migliori? Considerazioni sul messaggi di Roberto
Cari amici, premetto che questa volta andrò quasi completamente fuori tema tranviario, quindi, se qualcuno vorrà esprimere le sue osservazioni su quello che ha scritto Roberto e sulle mie riflessioni, si potrà eventualmente aprire una nuova cartella.
Dopo avere letto il messaggio di Roberto Amori (ed avere ammirato, al solito, le sue belle fotografie), sono stato tentato dall'impulso di associarmi ad Augusto ed esclamare a mia volta: "Parole sante, Roberto, parole sante!"; riflettendo, però, credo di non poter condividere le sue conclusioni.
Certo, anch'io, che ho vissuto e rammento bene gli anni '50 e '60, non posso fare a meno di ricordarne con nostalgia gli aspetti che egli ha così bene evidenziato; mi sembra però che nel giudicare un periodo storico sia bene non farsi influenzare da considerazioni sentimentali e personali. Se si prescinde dalla commozione che deriva dal ricordare gli anni della propria giovinezza, allora quegli stessi anni appaiono, temo, sotto una luce assai diversa.
Nel mondo dei nostri padri e nonni, è verissimo, non imperava ancora il consumismo volgare ed insensato dei nostri tempi, e forse (sottolineo, forse) certi valori umani, solidarietà, senso dell'appartenza alla comunità, vincoli familiari, venivano tenuti in maggior conto rispetto ad oggi. Ma vi sono altri aspetti di quel periodo da ricordare senza alcun rimpianto. La società italiana del dopoguerra, anche se pervasa da quell'ottimismo che sempre si diffonde tra i popoli dopo la fine di un terribile conflitto, era comunque una società rigidamente divisa in classi, vorrei dire quasi, in caste, dalle quali si poteva uscire solo con estrema difficoltà. A fronte di una borghesia che manteneva un tenore di vita più o meno accettabile, stava una classe di contadini, ancora numerosi all'epoca, costretta a vivere in condizioni poco più che medievali in almeno metà del paese: niente luce elettrica, niente acqua corrente, spesso in promiscuità con animali, e se qualcuno pensa che stia esagerando, vada a vedere qualche collezione di foto dell'epoca. Migliori, ma pur sempre dure, le condizioni di vita di quella che allora si definiva a pieno diritto classe operaia: bassa scolarizzazione, orari di lavoro estremamente pesanti, alloggi piccoli e freddi, di regola situati in periferie degradate fin dal momento della loro costruzione. Quegli stessi tranvieri che conducevano le simpatiche MATER che hanno fornito lo spunto per le nostre considerazioni lavoravano per salari di pura sussistenza, obbligati a turni estenuanti, magari dopo aver dormito la notte in deposito sdraiadati su qualche panchina.
Il clima dei tempi era improntato ad un oscurantismo oggi francamente impensabile: si poteva finire in carcere semplicemente per aver tradito il marito (ma non la moglie!), per avere intonato un inno pacifista (vilipendio alla bandiera), per avere osato scrivere di sesso sul giornale della scuola (ricordate il caso "Zanzara" nella civilissima Milano della metà anni '60?), per aver utilizzato droghe di qualsiasi tipo (vi ricordate del povero Chet Baker?), per essersi baciati su un prato (atti osceni in luogo pubblico), per avere indossato un abito dalla scollatura troppo audace (magari rischiando anche di buscare due schiaffi da parte di un futuro presidente della repubblica, che quel grande gentiluomo che era il principe de Curtis proprio per questo motivo sfidò a duello).
La repressione nei confronti di coloro che osavano manifestare il loro dissenso nei confronti dell'ordine costituito era sempre estremamente dura, talvolta spietata: ne fanno fede i morti di Genova e di Reggio Emilia. Nelle manifestazioni di piazza, spesso i famigerati reparti O.P., composti peraltro da giovani che altra via non avevano per sfuggire alla miseria delle campagne del Sud o del Veneto (l'attuale ricco Nord-Ovest!), picchiavano senza riguardo chiunque capitasse loro a tiro, senza che vi fosse per le malcapitate vittime (non facinorosi, come allora si leggeva sui giornali, ma quasi sempre lavoratori che legittimamente cercavano di affermare i loro diritti) alcuna possibilità di rivalsa in sede di giudizio penale: semmai, si rischiava l'incriminazione per resistenza alla forza pubblica.
La smilitarizzazione della Pubblica Sicurezza, Franco Fedeli ed il suo movimento "Polizia e democrazia" erano ancora lontani. Per giungere a forme di maggiore equità sociale bisognerà aspettare la fine degli anni'60.
Molti elementari diritti civili erano ancora sconosciuti, dal divorzio alla parità tra i sessi; diffuso a tutti i livelli era invece un sentimento di forte ostilità nei confronti di chiunque non si adeguasse al modello sociale allora imperante: diffidenza e più spesso aperto disprezzo verso gli obiettori di coscienza, i pacifisti, gli omosessuali, le coppie di fatto (si ricordi l'infamante marchio "figlio di N.N" per i figli nati da unioni non regolarizzate), gli artisti, perfino verso quelle donne che avevano l'unico torto di non essersi mai volute sposare, spregiativamente definite "zitelle", erano la regola. Uno strisciante antisemitismo pervadeva gran parte della società del tempo, per non dire della considerazione in cui venivano tenuti i popoli del terzo mondo, considerati da molti, se non dai più, come esseri umani di livello inferiore. Ed ancora: famiglie in cui la volontà dei padri era legge (ricordate "Padre padrone" di Gavino Ledda?), assoluta noncuranza nei confronti dei diritti degli animali (quegli stessi contadini che saggiamente ricavavano candele dal grasso di maiale erano gli stessi che frustavano senza pietà i loro asini e tenevano perennemente alla catena i loro cani), nessuna attenzione per l'ambiente, il cui scempio in grande stile è cominciato proprio in quegli anni...
Varcando i confini nazionali, ci si imbatteva, salvo rare eccezioni, in realtà non migliori: nei due capisaldi della democrazia europea, Francia e Gran Bretagna, la pena di morte era ancora in vigore, e di frequente comminata, in Spagna e Portogallo dominavano regimi di puro stampo fascista, nella civilissima Svizzera il diritto al voto della popolazione femminile era fortemente limitato. Siamo proprio sicuri che cinquanta anni fa si vivesse in un mondo migliore? Non credo proprio, e francamente credo ancora meno che, cito Roberto, "eravamo tutti meglio". Non per caso la generazione a cui appartengo, in uno slancio di generosa utopia, voleva semplicemente "cambiare il mondo": non c'è riuscita, d'accordo, ma almeno un contributo al suo miglioramento, mi pare, è riuscita a darlo.
Vi saluto cordialmente,
Paolo









Stefagin76
00mercoledì 22 dicembre 2004 23:27
concordo
Osservazioni assolutamente sensate e condivisibili, quelle di Paolo.

Stefano
Augusto1
00giovedì 23 dicembre 2004 00:50
per paoloilfiorentino
Sono parole sante, anzi, santissime, anche le tue. Credo, infatti, che il tuo ragionamento e quello di Roberto si integrino senza che l'uno escluda l'altro.
XJ6
00giovedì 23 dicembre 2004 11:17
Vecchi tempi/Tempi nuovi
Vecchio, nuovo, antico, moderno, non sono intrinsecamente né buoni né cattivi. La nostalgia del tempo che fu ci prende solo per quelli che erano i valori positivi che associamo loro, e probabilmente anche perché il ricordo ci riporta a quando eravamo più giovani.

Mi è capitato di ripensare nostalgicamente addirittura agli anni '70, e non perché rimpianga i pantaloni a zampa di elefante, i parati a fiorazzi marroni, le molotov, gli scontri di piazza. Ma erano i miei 16 anni, una compagna di ginnasio, la nascente passione per la discussione politica, l'aprirsi alle tematiche adulte, mio padre ancora vivo. C'era questo, c'era quello, il bene, il male.

Concordo con Augusto, quindi, nel ritenere che i discorsi di Roberto e Paolo non siano antitetici, ma che si completino a vicenda.

Che poi le Mater, le due assi o le Peter Witt mi piacciano più dei Sirio e dei Socimi o degli Eurotram, è tutta un'altra storia, ma ne parlo solo per ritornare in tema.

Antonio
Roberto Amori
00venerdì 24 dicembre 2004 08:55
Piazzale di Porta Maggiore

Oddio, il discorso è andato oltre quel che pensassi. In realtà l'argomento mi stimola alquanto ma temo il trascendere in OT, quindi per indurre Nicola a lasciarci chiacchierare un poco tenterò il vecchio trucco di infilare qualche immagine, nel caso le Mater da cui tutto, in fondo, è scaturito.



Comprai questa cartolina diversi anni fa: siamo negli anni '60 ma in questo punto fortunatamente non è cambiato nulla, sia i binari ATAC che quelli STEFER sono al loro posto e addirittura anche la Stanga, qui ripresa sulla circolare, è tuttora in servizio. Sulla sinistra scorgiamo una fiammante PCC, probabilmente sul 14, di cui purtroppo l'ultima rappresentante è stata radiata giusto quest'anno e di cui ovviamente non ci si è preoccupati di salvarne almeno una. Al centro la nostra Mater in servizio sul 12 diretta verso Piazza dei Gerani, notare la pulizia e la brillantezza delle vetture tipica di tutte le cartoline, di ogni città italiana, in cui compaiono mezzi pubblici. Anni fa un vecchio tranviere mi raccontava che a Bologna non usciva un tram, un autobus o un filobus dal deposito che non fosse più che pulito dentro e fuori...perchè non era educazione, i cittadini si sarebbero risentiti...e difatti in ogni foto o cartolina di allora lo si può vedere bene.

Dunque, mettendo ordine ai pensieri, l'interessante dibattito ha avuto inizio dal fatto che le Mater sono il prodotto scaturito dal riciclaggio di vecchio materiale a due assi diventato inoltre in eccesso a causa delle frequenti soppressioni di linee: vetture un pochino ricarrozzate, trasformate in uniderezionali e unite tramite una parte centrale costruita ex novo con porta e priva di carrello da cui l'azzeccatissimo nomignolo " due camere e cucina ". Questa solida mentalità economista era attuata un tempo non solo nei depositi tramviari ma anche nelle case e nelle dispense di tutti noi. Da qui il mio personalissimo amarcord, così come la constatazione che a Roma ma anche a Torino modernissime e costose vetture tramviarie sono abbandonate e cannibalizzate nelle rimesse avendo girato pochissimo se non addirittura nulla e in spregio a quella sana, a mio avviso, mentalità di allora.
Non ho mai fatto mistero di essere schierato e di essere stato anche impegnato politicamente a sinistra per cui non posso non condividere le argomentazioni esposte che non mi sono per nulla estranee. Anche io ricordo il bigottismo della televisione di Ettore Bernabei, il famoso schiaffo di Scalfaro all'Ambasciata americana verso la signora scollacciata, gli aborti clandestini, il delitto d'onore, il matrimonio riparatore di stupri e soprusi così come di tutti gli altri orrori via via discorrendo.
Il padre di una mia collega morì a Genova durante gli scontri ricordati, durante i fatti di Marzo '77 ero all'Università e ricordo bene la mattina in cui morì Francesco Lorusso così come l'arrivo massiccio dei cingolati in centro. A Roma andai in Via Caetani poco dopo il ritrovamento del corpo dell' onorevole Moro e vivo in una città che ha pagato un tributo altissimo alla strategia della tensione: Italicus, rapido 904, strage del 2 Agosto 1980.
Pure il Dc9 Itavia scomparso a Ustica partì da qui e la maledizione è proseguita con la strage dei 12 ragazzi dell' Istituto Salvemini sul quale dal cielo precipitò in picchiata l'Aermacchi in fiamme.
Però se da un lato la nostra società è, giustamente e finalmente, progredita ai livelli che Paolo ha chiamato in causa dall'altro lato io continuo a non essere quieto. Violenza, microcriminalità, mafie emergenti da ogni paese, droga, vastissime isterie di tutte le specie fanno da nuovo e indesiderato contorno alle nostre esistenze. La casa dei miei nonni, non era mai successo una sola volta, è stata saccheggiata due volte dai ladri negli ultimi anni. Dove risiede tuttora mia madre e dove io abitavo da ragazzo sono state installate cancellate, porte blindate e inferriate così come in tutto il resto della città: sembra di entrare nel caveau di una banca e comunque i ladri sono venuti ugualmente. Nei giardini dove giocavo da bimbo sono stati un giorno raccolti 21 Kg di siringhe e davanti il nostro portone sono stati ritrovati pure due morti per overdose.
Gli scippi ormai non si contano più. I viali di circonvallazione sono un disgustoso mercato all'aperto di carne umana: senza che nessuno muova un dito centinaia di donne di ogni colore e provenienza, talvolta anche minorenni, sono ogni notte in vendita al primo che passa e per di più in totale balia di nuove ed emergenti malevite.
Totale sradicamento delle tradizioni, radici culturali ormai affievolite e il dialetto in disuso fanno in modo che tu ti senta un estraneo nello stesso tessuto connettivo nel quale sei cresciuto: in città non trovo più i miei punti di riferimento e mi pare spesso di vivere una profonda spersonalizzazione.
Mi guardo attorno e vedo solo ragazzi in balìa del lavoro interinale, vagano di qua e di là con le loro borchie, pantaloni oversize, creste ingellate di varie coloriture, tatuaggi scarabocchiati dalle orecchie alle caviglie, catene, punkabbestie, musica che non è musica, grandi fratelli, isole dei famosi...
Bah, tra poco è Natale e arriveranno chissà quante Play Station 2, io invece preferisco ricordare quanto mi divertivo con tutta famiglia giocare a tombola coprendo i numeri estratti coi fagioli secchi...
E' probabile a questo punto che alle preoccupazioni di un tempo siano solamente succedute nuove preoccupazioni.

Sperando di non essere stato tedioso e soprattutto di non generare pessimismo perchè non lo vorrei proprio, vi ringrazio per questa chiacchierata extra su noi, sul nostro passato e sulle speranze nel nuovo anno che verrà.
Roberto





Due immagini delle Mater acquistate dalla Stefer per le linee urbane di Cinecittà e Capannelle. Come si può vedere sono state state riverniciate nei nuovi colori blu\crema e sono stati applicati i pantografi in sostituzione del tipico archetto Atac.
Nella prima foto la Mater passa accanto ad una motrice dei Castelli mentre nella seconda, raramente a colori, è in sosta in uno dei raddoppi di fronte al deposito sull' Appia Nuova.

[Modificato da XJ6 09/02/2005 23.53]

simopa
00venerdì 24 dicembre 2004 13:10
Bellissime foto soprattutto la cartolina (un incrocio tranviario come quello immortalato nella cartolina credo sia il sogno di ogni appassionato di tram) e poi la discussione è veramente interessante. Contribuisce ad instaurare un rapporto migliore tra noi appassionati divagare ogni tanto anche su altri argomenti.

Simone
Augusto Cracco
00martedì 18 gennaio 2005 23:54
279
E' di queste settimane la notizia del completamento dell'ottimo restauro, da parte del GRAF, della "otto finestrini" 907, costruita da Carminati e toselli del 1928. Forse, però, non tutti sanno che esiste un tram del 1914 dell'ATAC, il 279, perfettamente conservato e funzionante, presso il Seashore Trolley Museum di Kennebumkport, vicino a Boston, cui è stato donato nel 1960.
Roberto Amori
00mercoledì 19 gennaio 2005 14:59
Due 2 assi ATAC
Augusto ha proprio ragione: esistono ancora, di quello che fu un parco sterminato, due 2 assi ATAC e perdipiù perfettamente mantenute e marcianti!
Ho anche avuto la fortuna di poterle vedere entrambe.
La 279, una sei finestrini, di cui parlava Augusto si trova al Seashore Trolley Museum a Kennebumkport ossia nel bellissimo e naturale Stato del Maine, verso il confine col Canada e molto vicino all'Oceano Atlantico, a qualche ora di macchina da Boston.
Fui invitato da Mark Taccini al Museo nell'estate del 1984 e vi trascorsi una settimana memorabile arrivando appunto in macchina da Boston. Al museo presi alloggio, su un binario morto, in un tipico carro merci rosso americano dotato di ogni comfort. Negli altri carri dello strano convoglio c'erano altri appassionati ricercatori, tecnici, restauratori e così via, una sera cucinai con ciò che trovai una carbonara che ebbe un gran successo...
Al museo mi resi utile lavorando in officina così che la sera una volta chiuse le visite guidate potevo prendere lezione di manovra ai tram: indimenticabile! Ho portato su e giù per i Km del tracciato, che un tempo erano la prima parte di una ex tranvia extraurbana dismessa, tram a due assi e a carrelli in quantità. C'era solo l'imbarazzo della scelta, tram americani, canadesi, australiani, giapponesi e di diverse città europee.
La sera scelto il tram andavamo al tramonto al capolinea della linea, in piena campagna, a mangiare le more e più tardi col buio giravamo i trolley, spostavamo il controller e il rubinetto del freno all'altro banco di manovra e via al deposito.
Sembrava di giocare con un grande plastico di trenini, solo che era tutto vero! Peccato che la 279 romana, che vidi bene e vi salii sopra varie volte, fosse per un guasto ferma e ricoverata in un capannone buio, per questo non posso postare di lei fotografie ma se a qualcuno interessano vedute di altri tram non c'è problema.
La 907, una otto finestrini, invece la vidi quando era appoggiata a Colleferro nel campo di proprietà di un socio GRAF, vi erano pure diversi altri veicoli storici fra cui locomotori ATAC da manovra, carri merci tranviari e l'ultimo filobus per caso sopravvissuto.
Di questo bellissimo tram, di cui metto una bella foto ricevuta tempo fa a metà del restauro dall'amico Giovanni Kaiblinger, ricordo il tremendo stato di conservazione in cui versava: completamente arruginita, più parti mancanti di quelle superstiti, del tutto divelta dall'esposizione in 40 anni ad ogni agente atmosferico.
Che impressione rivederla così bella e chissà che emozione quando farà i primi giretti dalle parti del Colosseo.

Augusto.Cracco
00martedì 1 febbraio 2005 23:43
2 piani
La 2P.1, poi 2265, ai tempi in cui i due piani c'erano entrambi. Era veramente un bel tram.



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[Modificato da XJ6 02/02/2005 5.14]

Roberto Amori
00mercoledì 9 febbraio 2005 23:11
Piazza Tuscolo

Ecco una foto di una zona molto popolare di Roma, una MRS sul 7 a Piazza Tuscolo subito oltre le mura della Basilica di S. Giovanni.




In questi paraggi passavano 6 linee tranviarie più il Capannelle, Cinecittà e la rete dei Castelli: insomma una zona piena di tram, rotaie e capolinee. L'ultima linea a transitare per queste strade fu il 7 per P.zza Zama, scomparsa nel 1972.
Forse Paolo avrà visto i tram, c'era anche il 4 di cui abbiamo già parlato, sferragliare per le strade dell'Appio Latino. Io ricordo che a Piazza Tuscolo alla fine degli anni '70 sotto un velo di asfalto era ancora presente il triangolo che si vede nella foto.

Un po' di blow-up:

Mi ha attirato l'attenzione questo ragazzino, direi il tipico adolescente anni '50: pantaloncini cortissimi, sandali con calzini corti anch'essi, maglietta attillata. Sta guardando il tram, che sia proprio Paolo? L'età combacerebbe! :Sm13: Dietro di lui una signora col vestito leggero un po' lungo e dinanzi una vespa come quella di Vacanze Romane.



Seconda curiosità: una coppia chiacchiera affabilmente. Lui deve essere il proprietario della Fiat 1100, siamo dopo il 1955 quindi. Lei ha il braccio appoggiato al suo, gesto ardito per il rigore dell'epoca, saranno certamente fidanzati in casa se non addirittura già marito e moglie. Saranno ancora vivi? abiteranno sempre a Piazza Tuscolo? Si sono lasciati o hanno fatto dei bimbi che oggi son grandi?



Darei non so cosa per sapere chi sono, è così da sempre ogni volta che guardo le mie fotografie. Forse a qualcuno scapperà un sorriso ma ficcanasando ostinatamente nel passato degli altri in due fotografie di Bologna è scappato fuori mio padre...ora lui non c'è più da tanto tempo ma a me è parso come se avesse voluto dare un saluto. Non proprio come Shining, insomma, quando Jack Nicholson vede sé stesso in una foto di 40 anni prima...
XJ6
00mercoledì 9 febbraio 2005 23:59
La lana e la seta ...

Scritto da: Roberto Amori 09/02/2005 23.11
(...) Dietro di lui una signora col vestito leggero un po' lungo e dinanzi una vespa come quella di Vacanze Romane (...)

Tu quoque, Roberto!

A me parrebbe una Lambretta (una 125 o una 150 D, azzarderei), non una Vespa ...
Roberto Amori
00giovedì 10 febbraio 2005 00:04
non saprei

Ci avevo un poco ragionato a dire il vero, sapendo anche della tua passione, ma sinceramente non so proprio distinguerle, non è il mio campo.
Ho optato per la Vespa prima per via del film poi perchè inconsciamente forse colloco la Lambretta ad habitat più settentrionali.
Paoloilfiorentino
00giovedì 10 febbraio 2005 21:29
Anch'io negli anni '50?
Scusate il titolo un po' egocentrico del messaggio, cari amici.
Potrei essere io il ragazzino della foto? E chi lo sa, potrebbe pure essere, anche se ricordo di avere sempre odiato l'abbinamento sandali e calzini corti, quasi un obbligo per i bambini dell'epoca!
Di certo all'epoca andavo spesso con la famiglia a Roma, dove abitavano le mie due zie, con una tribù di cani (dei carlini, per la precisione), la fedelissima cameriera e lo zio, ingegnere ed appassionato di trasporti (aveva pure brevettato, in tempi di autarchia, un avveniristico motore a gas). Bene, tutti e tre abitavano in Corso Trieste 155, all'angolo con Piazza Istria, allora capolinea tranviario in piena attività: vi si attestavano il 5 ed il 6, quest'ultimo sostituito dopo il 1960 dal 7. Che piacere, in quelle belle mattinate di giugno, conclusi con successo gli impegni scolastici e lasciata la mia città, passare qualche ora in giro per le strade di Roma, scorrazzando allegramente sulle MRS, sulle due assi e sulle allora nuovissime Stanga: salivo sul 5, scendevo a Termini e da lì avevo solo l'imbarazzo della scelta: il 7 per Piazza Zama, il 16 per Piazza Ragusa, la breve circolare 10, ancora il 5 per la Garbatella... Tornare in tempo per il pranzo costituiva l'unica preoccupazione, ma, a dispetto delle distanze di Roma, enormi rispetto a quelle fiorentine, mi sembra di esserci sempre riuscito. Il traffico era già abbastanza intenso ma la marcia dei tram era facilitata dai numerosi tratti in sede propria e dai cosiddetti "marciatrams", più tardi scriteriatamente eliminati, che garantivano tempi di percorrenza molto migliori di quelli degli autobus. Che errore è stato smantellare una così grande parte del sistema tranviario, che avrebbe potuto contribuire meglio che in molte altre città alla tanto sospirata qualità della vita.
Un caro saluto da
Paolo




Roberto Amori
00venerdì 11 febbraio 2005 19:16
Sandali e tram
Lo dicevo io che Paolo certo era passato sui binari delle strade intorno S.Giovanni. Invidia. Pensate avere fatto delle fotografie di quei trafficatissimi incroci tranviari...che reperti sarebbero oggi.
Io ho 9 anni meno di te Paolo ma sono tantissimi per le italiche vicende tranviarie, a Roma della vecchia rete di cui tu parli ho fatto a tempo a vedere i tram a S.Giovanni sul 7, l' 11 al Portonaccio, la circolare sul Lungotevere, Capannelle, Cinecittà, Fiuggi e stop. Oltre ad una impressionante quantità, ovunque,in Kilometri di linee tranviarie ancora integre e raccordate ma già soppresse da anni. Si vociferava che su talune di tanto in tanto, in attesa di decisioni definitive, passasse la notte l'antica smerigliatrice. Un giorno, ho diverse foto, il Graf nel 1979 affittò una MRS che si ritrovò dopo anni a ripassare in Via Cavour, dinanzi la Basilica di S.Maria Maggiore e in Via Merulana appunto su quei binari di cui parlavamo prima.
Ho fatto a tempo anche a vedere gli ultimi anni del servizio filoviario.
Non sono scampato però alla dorata stagione dei sandaletti, quelli con gli occhi che sorridono come da reperto qui sotto allegato:


Ostra ( AN ) Agosto 1966

Per finire visto che hai nominato l'elegante P.zza Istria vi invio una veduta, che forse qualcuno conosce, del capolinea che era alloggiato in quella piazza. Davanti ai tram Via di S.Costanza, più avanti P.zza Bologna ove si trovava il capolinea del 7 e dove abitava Aldo Fabrizi in una casa, raccontano le cronache, grandissima e con una enorme cucina in cui lui, cuoco eccellentissimo, preparava famose cene per i suoi più cari amici: Rossellini, Totò, Anna Magnani...non dico altro.


La foto è databile tra il 1954, anno in cui appunto uscì la AR 54 che si vede a sinistra e il 1963 anno in cui fu soppresso il 6 che si vede sul binario di destra. Il 5 che vediamo sul tronchetto resistette fino al 1966 anno in cui fu sbaraccato tutto.

P.S. prego astenersi da facili commenti su magrezza e capigliatura... [SM=x346224]
Paoloilfiorentino
00venerdì 11 febbraio 2005 23:41
Piazza Istria - Nostalgia e ricordi non solo tranviari
La tua foto, caro Roberto, è stata ripresa proprio dal palazzo di Corso Trieste 155 dove abitavano i miei zii, ma certamente non dal loro appartamento, situato al settimo piano. In realtà dovrei dire prozii, si trattava, infatti, delle due sorelle e del cognato di mia nonna, Margherita, Clementina ed Ubaldo, bei nomi di desueta risonanza; se hai visto il commovente "La famiglia" di Ettore Scola puoi immaginare quale fosse l'atmosfera: non mancava neppure la pecora nerissima, d'obbligo in ogni buona famiglia, appunto la zia Clementina, considerata tale per esser fuggita giovanissima negli Stati Uniti per amore di un avventuriero italo-americano, che a New York ebbe qualche momento di gloria come pugile, prima di finire in miseria totale. La relazione durò comunque molti anni e lei tornò in Italia quando era già anziana, dopo la morte dell'italo-americano, che aveva testardamente voluto sposare e poi mantenere, con una pensione che, essendo pagata in dollari, a noi sembrava principesca ed una coppia di piccoli carlini, cani allora molto rari, che avrebbero in pochi anni dato origine ad una numerosa progenie. Le mura degli edifici dell'elegante quartiere Trieste celavano spesso storie come questa.
Mi sono lasciato andare ai ricordi, ma torno subito alla foto. Ti posso dire con certezza che questa non può essere più recente del 1960: infatti nell'immagine si scorge chiaramente il marciatram di Via Santa Costanza, che venne eliminato proprio nell'estate di quell'anno. Personalmente sarei propenso a farla risalire a qualche anno prima, diciamo al 1954-1956 o al massimo 1957, visto che vi compaiono solo pochissime auto, sia in corsa che parcheggiate; all'epoca delle Olimpiadi il traffico era già piuttosto intenso, e in Piazza Istria e nelle strade limitrofe i veicoli in sosta erano sempre numerosi.
Qualche osservazione: la linea 6 venne abolita proprio nel 1960, insieme a numerose altre linee (in un successivo messaggio vedrò di sistemare l'argomento linee tranviarie romane secondo criteri di corretta cronologia) e contestualmente il 7 venne prolungato a Piazza Istria. Dallo stesso anno, scomparsi i classici convogli a due elementi, il 5 venne esercitato esclusivamente con le MRS, mentre sul 7 di regola prestavano servizio le articolate Stanga. Il traffico ormai intenso rendeva proibitiva la manovra a marcia indietro, ed il tronchino di ricovero venne di fatto abbandonato: al capolinea le motrici delle due linee semplicemente si accodavano l'una all'altra.
Nell'immagine si distingue chiaramente un bifilare: è quello della linea 58, rimasta in servizio fino al 1963. Fu proprio per sopperire all'impossibilità di far marciare i filobus per assoluta mancanza di pneumatici, che nel 1944 venne costruita con binari di recupero la tratta Via Nomentana - Piazza Istria, rimasta purtroppo in servizio per soli ventidue anni. Tutto questo incredibilmente avveniva nel periodo peggiore del secondo conflitto mondiale, quando Roma, solo formalmente città aperta, viveva i giorni tremendi dell'occupazione tedesca.
Mi è d'obbligo, a questo punto, suggerire a chi ancora non lo conoscesse, la visione del capolavoro di Rossellini "Roma città aperta", interpretato da Aldo Fabrizi e Anna Magnani: grandissimo ed attualissimo cinema.
La tua fotografia, come vedi, mi ha offerto lo spunto per un lungo messaggio, nonché per tornare con la mente all'epoca lontana della mia infanzia, e di questo ti ringrazio.
Per oggi basta, torniamo al presente!
Ti invio un cordialissimo saluto, alla prossima volta
Paolo


Roberto Amori
00sabato 12 febbraio 2005 11:34
Binari e pellicole


Scrive Paolo:
la linea 6 venne abolita proprio nel 1960, insieme a numerose altre linee e contestualmente il 7 venne prolungato a Piazza Istria. Dallo stesso anno, scomparsi i classici convogli a due elementi, il 5 venne esercitato esclusivamente con le MRS, mentre sul 7 di regola prestavano servizio le articolate Stanga. Il traffico ormai intenso rendeva proibitiva la manovra a marcia indietro, ed il tronchino di ricovero venne di fatto abbandonato: al capolinea le motrici delle due linee semplicemente si accodavano l'una all'altra.



I tuoi ricordi sono proprio esatti: ecco difatti Piazza Istria nel suo ultimo anno di vita tranviaria con una MRS sul 5 e la Stanga 7047 sul 7 in coda. Alla loro sinistra si scorge il tronchino di servizio ormai inutilizzato.





Un'altra veduta degli ultimissimi tempi dei tram in Piazza Istria: Una MRS sul 7 sta uscendo da Via S.Costanza per entrare nella piazza, alla sua sinistra lo scambio a regresso del solito tronchino. Il cartello di linea in quegli anni per qualche tempo, poco per fortuna, venne spostato al muso sopra il fanale.




I tuoi ricordi Paolo sono stati davvero interessanti, in ogni casa si racchiudono bellissime storie di cui io da sempre sono affascinato, certo che la storia della zia col pugile è davvero bella.
Anche io sono un appassionato cinefilo, assieme alla fotografia e ai trasporti coltivo questa passione fin da ragazzo: un autore amatissimo è appunto Ettore Scola. Nel 1977 al cinema rimasi fulminato dalla Giornata Particolare che considero un po' il mio film, un altro film eccezionale del regista è, a mio avviso, Brutti sporchi e cattivi del 1976, toccante e ruvido al contempo parla anche praticamente del mio lavoro. Anni fa con due cari amici prendemmo l'impegno piacevolissimo ogni settimana di affittare, presso una nota videoteca di Bologna, un film di Ettore Scola che sono ormai più di 30. Così prima cenavamo e quindi a seguire la proiezione, ne prendemmo così all'incirca una dozzina prima di passare ad altri autori del nostro sconfinato italico mare di altissima qualità cinematografica.
P.S Alla Giornata Particolare, come sapete, ha collaborato alla sceneggiatura Maurizio Costanzo così come pure ai primi bellissimi film di Pupi Avati...mi chiedo come abbia potuto regredire così... anzianità? denaro?
XJ6
00sabato 12 febbraio 2005 12:57
Tram e Cinema
Un altro film bellissimo di Scola (del quale dobbiamo accontentarci ormai solo delle vecchie opere, visto che le ultime cose sono state veramente scadenti) è "C'Eravamo Tanto Amati", con Gassman, Manfredi, la Sandrelli e Stefano Satta Flores. L'ho rivisto proprio qualche giorno fa, e giurerei anche di aver visto un tram, sia pure di sfuggita, in una delle inquadrature "d'epoca".
XJ6
00sabato 12 febbraio 2005 13:01
Via G. B. Morgagni
Mi sembra giusto riproporre anche nella sezione dei vecchi tram di Roma una bella foto d'epoca che l'ottimo Stefagin ha correttamente indicato essere stata ripresa in Via G. B. Morgagni, oltre l'incrocio con viale Regina Margherita, in direzione periferia.

Il tram sulla destra era in servizio sulla linea 8 (Via della Giuliana-Portonaccio, se la foto è stata scattata dopo il 1947. Prima la linea 8 effettuava il percorso Staz. Termini-P.za Bologna).




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filobustiere
00sabato 12 febbraio 2005 13:21
Roma ed il cinema
Rischiando di andare in OT, volevo suggerire a Roberto ed a Paolo, e a quanti altri fossero interessati, il seguente libro:
Flaminio Biagi IL CINEMA A ROMA guida alla storia ed ai luoghi del cinema nella capitale
Palombi Editori Euro 14
Non è il massimo di ciò che ci si poteva attendere, ma è molto interessante.
Cito a caso "GARBATELLA zona che purtroppo i turisti non visitano, questa borgata-giardino costruita negli anni venti fatta di strade a villini, casette modello e grandi alberghi suburbani, è luogo cinematografico qualificato. Un film per tutti I SOLITI IGNOTI di Monicelli che inizia con l'albergo rosso di piazza Baffi e finisce con Peppe er Pantera (Gassman) che attraversa la strada per andare a lavorare. In C'ERAVAMO TANTO AMATI la lunga e notturna scena finale è ambientata davanti alla scuola di piazza Damiano Sauli, all'epoca in cui non c'erano aule sufficienti. Ma è stato CARO DIARIO che ne ha rivalutato in pieno le qualità scenografiche quando Nanni Moretti la percorre in Vespa in lungo ed in largo e finisce per entrare in una delle casette con l'incredibile scusa di voler girare un "
filobustiere
00sabato 12 febbraio 2005 13:25
Roma ed il cinema
musical trotzkista su un pasticciere degli anni 50" Non mancano, è ovvio, le citazioni di film indimenticabili come: ROMA CITTA' APERTA, LADRI DI BICICLETTE, LA DOLCE VITA, GUARDIA-GUARDIA SCELTA ecc.
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