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FILOBUS DI LECCE

Ultimo Aggiornamento: 08/11/2021 12:24
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22/08/2005 12:26
 
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tranviere veterano
Artigianato e filobus
Caro Paolo,
ti ringrazio per il tuo intervento ricco di nomi e dati verificabili.
Nessuno dubita della bontà dei mezzi di trasporto italiani né è possibile negare la loro diffusione internazionale (mi vengono in mente anche i filobus di Smirne, o perfino quelli requisiti a suo tempo dalla Germania, che evidentemente li apprezzava…). Devo comunque dire che parlavo dell’industria odierna, escludendo quindi i veicoli fino agli anni Sessanta compresi.
Chi mi conosce personalmente, tra l’altro, sa quanto io difenda sempre l'industria italiana, quando in realtà è pienissimo, anche tra i campioni dell’italianità ad intermittenza, di persone che ad esempio non tengono neanche in considerazione le auto nazionali per partito preso.
***
Se posso soltanto confrontarmi con te su un aspetto del tuo ragionamento, pacato e formalmente ineccepibile, parlerei dell’artigianato.
Non direi che la produzione della Ferrari sia artigianale; lì i numeri di produzione vengono appositamente tenuti bassi per garantire l’esclusività del prodotto. Ed in quel settore il prezzo è una variabile del tutto secondaria, tale da giustificare eccome –e anzi, richiedere espressamente- la cura artigianale; per i mezzi pubblici, naturalmente, no.
Per un ferrarista, avere un mezzo diverso da quello degli altri vuol dire esclusività e distinzione. Per un’azienda di trasporto pubblico, invece, vuol dire casini con i ricambi (Sanremo docet…), tecnologie che invecchiano rapidamente, problemi con l’assistenza, inaffidabilità dovuta alla natura prototipale.
Nel campo dei filobus, purtroppo, troviamo in Italia gruppi composti da pochissimi veicoli molto sofisticati; come diceva appunto Città Elettriche, sono quasi sempre prototipi.
Con “mezzi pubblici artigianali” non intendevo la qualità sopraffina dell’esecuzione, come nel caso delle Ferrari (attenzione, però: artigianali nelle finiture superficiali e nell’assemblaggio, ma super-studiate e super-collaudate nelle soluzioni tecniche!): per il trasporto pubblico, con “artigianale” intendo proprio il fatto che spesso le linee di produzione vengono aperte e chiuse apposta, a distanza anche di anni, per costruire gruppi minuscoli di veicoli di solito ben diversi da quelli costruiti l’ultima volta.
Avete idea dei problemi di qualità che comporta il chiudere e riaprire, magari dopo anni, una linea di produzione industriale?
Chi li conosce, tra l’altro, sa bene quali siano le differenze tra i filobus Breda della Spezia (1988) e quelli di Genova o Cremona (1996), apparentemente uguali e nella realtà mooolto differenti tra loro. I primi avevano telaio Sicca, mentre gli ultimi non c’entrano nulla con questi, se non nel disegno della carrozzeria; è anche per questo che è del tutto scorretto parlare dei filobus di Genova come se fossero gli stessi di fine anni Ottanta, non solo per la parte elettrica ma neanche per quel che riguarda il resto. Non è che due veicoli simili come aspetto siano per questo uguali. Addirittura i Breda di Genova sono strutture a carrozzeria portante, mentre i precedenti, cui si fa riferimento, hanno il telaio! Più diversi di così!!!
***
La cosa che viene spontaneo chiedersi è questa. Come mai, di fronte a questi successi che tutti conosciamo, la produzione di veicoli italiani in Italia (a parte il Sirio, citato fino allo spasimo) si va riducendo a piccoli quantitativi, fatto che è evidentissimo nei filobus, argomento originale di questa discussione? Come mai questi non solo non vengono esportati, ma ultimamente non vengono neanche tenuti in considerazione in Italia?
Come mai l’Italia si è lasciata scappare un gioiello come la Fiat Ferroviaria, vera punta di diamante dell’industria ferrotranviaria italiana?
La gara per i filobus di Napoli, che sicuramente verrà citata subito, non mi sembra affatto comune, e va ricordato che si tratta di una città che aveva in servizio soltanto mezzi ultraquarantennali e che ospita anche la sede dell’azienda fornitrice dei mezzi stessi (e dei Sirio, tra l’altro).
I filobus italiani sono stati sì esportati in tutto il mondo, ma negli anni Cinquanta e Sessanta, quando però non si trattava di produzioni artigianali.
***
Nel mio messaggio iniziale mi chiedevo: perché QUASI tutti vogliono i Trollino e gli altri si comprano i Van Hool, invece di puntare sulla produzione italiana? Esiste ancora, al momento, una produzione italiana di filobus? Gli F19 hanno partecipato o meno alla gara di Lecce?
Tra l’altro, mi pare di aver capito che si tratti di veicoli da dodici metri e non di snodati, come già stato detto in precedenza. Infatti si parla di "A 330 T" e non di "AG 330 T".
Scusate la prolissità e un cordiale saluto a tutti
7041
P.S. Tra l'altro: ho capito male o qualcuno ha già preso gli A330T? Come vanno?

[Modificato da Settantaquarantuno 22/08/2005 13.54]

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