ecco la "bozza" dell'incontro
Eccovi qua il resoconto completo dell'incontro: naturalmente ognuno di voi controlli se manca qualcosa e, soprattutto, il numero ed il nome completo dei presenti. Nel frattempo, ho appena spedito a Nicola il CD con le fotografie.
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Sabato 25 settembre, si è svolto a Napoli un incontro tra i vari membri napoletani e simpatizzanti di MondoTram, ed il Presidente della costituenda Associazione Italiana Amici della Tranvia (AIAT), nonché moderatore del sito
www.mondotram.it, Nicola Matarrese. All’incontro erano presenti:
- Nicola Matarrese (Presidente dell’AIAT);
- Antonio Verde (XJ6);
- Nome e cognome (filobustiere);
- Francesco Esposito (Francesco E.);
- Nome e cognome (Isek)
- Rosario Saccone (Monocar)
- Alfredo Falcone
- Paolo Abbamonte (pabbamo);
- Augusto Cracco (Augusto1)
- Maurizio Pannillo (mark815)
- Roberto Amori;
- Alessandro ? (Alessandroch)
- Altri (specificare)
All’incontro era presente anche il Prof. Andrea Cozzolino, coautore della maggiore (ed unica, finora) pubblicazione editoriale sul trasporto pubblico napoletano (Storia dei Trasporti Pubblici di Napoli, voll. 1-2, Calosci Editore), che si è improvvisato “cicerone” della visita da noi effettuata presso il Deposito ANM di Fuorigrotta.
L’occasione è stata gradita, soprattutto, per far sì che tutti noi potessimo conoscerci direttamente, dopo mesi e mesi di messaggi sul forum e chat (naturalmente, a parte alcuni che già avevano avuto modo di incontrarsi). Bisogna dire che, considerata l’età adulta di quasi tutti i presenti, nonché di tutti gli altri frequentatori del sito, tutto sommato fa piacere sapere che la passione per i trasporti pubblici e la loro evoluzione non sia soltanto appannaggio di un singolo individuo o di uno sparuto gruppo ma, al contrario, nel tempo sia diventato un vero e proprio hobby, e non solo: tantissimi sono i giovani che, leggendo sulla rete tutto quanto riguarda questo interessante argomento, sono interessati anche ai cenni storici riguardanti il materiale rotabile e la relativa evoluzione negli anni antecedenti, diventando anch’essi una sorta di “adepti” del trasporto pubblico in tutte le sue forme.
Detto ciò, immediatamente siamo entrati all’interno del deposito, che purtroppo è in disuso da vari anni, e che in illo tempore era adibito ad uso rimessa e manutenzione delle innumerevoli vetture tranviarie che, in tempi molto remoti, facevano da padrone nelle strade napoletane. Successivamente, la totale indisponibilità di gran parte dei materiali di ricambio e la normale usura di esercizio del parco circolante, unitamente ad una politica irresponsabile e scriteriata delle varie amministrazioni avvicendatesi al governo della città di Napoli, ha fatto praticamente “tabula rasa” di gran parte delle vetture e dei relativi binari. Esse, infatti, furono mandate in gran parte al loro triste destino della fiamma ossidrica (da ricordare che le vetture più “recenti”, se così vogliamo dire, sono del 1935, ivi comprese quelle ancora circolanti) essendo altresì praticamente nulla in quel tempo la produzione nazionale di vetture tranviarie ed anche filoviarie (erano gli anni del boom economico, dell’avvento della Fiat 500 e 600 e quant’altro). Si è quindi optato per un massiccio impiego del trasporto su gomma, mettendo in circolazione un enorme quantitativo di autobus. Se ne deduce, di conseguenza, che anche il trasporto filoviario ha fortemente risentito di tale fenomeno (purtroppo, anche alla luce di un gravissimo e famoso incidente occorso nel 1961 in Via Salvator Rosa, che causò anche tre vittime), limitandosi, nel tempo, alle sole tratte extraurbane; soltanto recentemente, con il totale rinnovamento del parco vetture, si è intrapreso un rilancio del filobus che, a poco a poco, sta tornando a circolare anche nelle strade del centro città. Tale rinnovamento sta interessando attualmente anche le vetture tranviarie, ma di ciò se ne parlerà più avanti.
All’interno del deposito di Fuorigrotta, facevano bella mostra di sé una miriade di vetture, fra tram, filobus e autobus, in gran parte malridotti, vuoi per la vetustà e la normale usura di esercizio, vuoi per gli atti di vandalismo arrecati dai soliti squallidi personaggi a caccia di originali souvenir, o peggio, soltanto per il gusto di esercitare una forma di teppismo gratuita. Tutte le vetture ivi custodite, infatti, a detta del personale di custodia, sono destinate al loro totale recupero, si spera, a scopo museale. Non per nulla, fra di esse, non poteva non notarsi la vettura tranviaria Peter Witt CT 139 K, matricola 1004, nella sua originale livrea biverde, che era già stata totalmente restaurata nel 1998 dall’ANM per essere esposta alla Città della Scienza, con l’eccezione che era totalmente priva del gruppo motore. Nessuno di noi ha resistito alla tentazione di mettersi al posto guida ed essere immortalato in un’ipotetica fase di manovra del veicolo che, è inutile dirlo, ha costituito per ognuno di noi un simpatico tuffo nel passato, oltre ad una foto di gruppo all’interno del mezzo. Fra l’altro, la vettura aveva ancora al suo interno le originali tabelle della storica linea 1, tuttora in esercizio, anche se con il percorso limitato da Poggioreale a Piazza Vittoria. All’esterno, appoggiate ad un pilastro di sostegno del capannone, vi erano anche alcune tabelle di altre linee (di cui alcune temporanee, istituite in seguito al terremoto del 1980). Anche questa vettura, purtroppo, non è uscita totalmente indenne dai continui “raid” vandalici, dal momento che presentava un finestrino ridotto in frantumi.
Proseguendo nella nostra visita, la prima vettura che si presentava al nostro ingresso era un autobus Fiat 418, matricola 3697, tutto sommato in discrete condizioni, anche in virtù di una completa opera di ricostruzione cui era stato sottoposto circa una quindicina di anni or sono. Immediatamente dopo, ve ne era un altro dello stesso tipo e modello, matricola 3650, in pessime condizioni e non interessato da opere di ricostruzione, ma preservato ed ivi ricoverato soltanto perché, quando fu immesso in servizio nel lontano 1976, fu immatricolato con la targa del milione (NA-A00000), targa che è stata da tempo rimossa e conservata al sicuro proprio per evitarne il furto. Ve ne era anche un terzo, anch’esso allora ricostruito, matricola 3648. Va ricordato che questo modello è stato fra i più longevi nella storia recente dell’allora ATAN, poi trasformata in ANM, in quanto era molto apprezzato dal personale per la sua proverbiale affidabilità.
Fra gli altri autobus ricoverati ricordiamo: un Fiat 411 Cansa matricola 3271, un Fiat 470 matricola 2229, due Fiat 418 Cameri, il primo con matricola 3365 (a dire il vero in pessime condizioni ed alle soglie dell’irrecuperabilità), ed il secondo in perfetto stato di conservazione, appartenuto però all’azienda di trasporti di Benevento, riconoscibile per il diverso tipo di parabrezza, a sbalzo anziché curvilineo, oltre che per le diverse targhette adesive. Di seguito, un Fiat 410, matricola 3134: questa vettura, insieme a tutte le altre allora in servizio, fu oggetto di una lunghissima vertenza giudiziaria in quanto fu l’unica riconsegnata dalla ditta AITA di Osoppo, completamente ricostruita, dell’intero lotto: tutte le altre, invece, dopo vari anni, furono demolite in loco. Inutile dire che anch’essa, ormai, era in condizioni pietose, al punto che ne erano state asportate perfino le porte! Fra le altre vetture, vi erano anche le due versioni dell’Inbus, particolarmente apprezzato, a suo tempo, per la linea elegante e moderna: l’Inbus 150 “corto”, matricola 202, di cui ancora oggi circolano alcuni esemplari, ed il 210 da 12 metri, matricola 2118, che però non ha avuto molta fortuna, essendo particolarmente vulnerabile in alcune parti meccaniche, prime fra tutte le sospensioni.
Un discorso a parte meritano alcune vetture “particolari” ivi presenti: prima fra tutte un autobus londinese rosso bipiano, denominato scherzosamente “’o milord”, che è poi stato l’antesignano, negli ultimi anni, delle attuali vetture “sightseeing”, anch’esso inspiegabilmente ivi abbandonato; vi era, inoltre, l’unico esemplare rimasto del mitico Fiat 306, meglio conosciuto come “la bambolina”, che era adibito al trasporto dipendenti del CRAL: questo tipo di vettura era utilizzato prettamente sulle linee vesuviane e, soprattutto, dalla SITA sulle linee per la costiera amalfitana. addirittura, insieme ad analoghi modelli in uso presso l’ATAN, un minibus Menarini bianco e azzurro, che era in servizio, con altre due vetture, all’interno del Policlinico, e che il sottoscritto ricorda molto bene, essendo dipendente proprio del complesso ospedaliero universitario da oltre vent’anni.
Continuando il nostro “tour”, sempre coadiuvati dall’ottimo Andrea Cozzolino, si potevano intravedere alcuni minibus carrozzati Menarini, che venivano impiegati, ad esempio, sulle allora VS, VD, 105, e così via. Dopo esserci soffermati su una curiosa riproduzione su un grosso cartone, in scala naturale, della fiancata dei primi minibus elettrici Gulliver, che oggi circolano per le strade del centro storico, abbiamo dedicato la nostra attenzione verso due filobus Alfa 1000, matricola 8306 e 8038, gli unici superstiti dell’intero parco, insieme alla 8021. Questi filobus, acquisiti dall’ANM nel lontano 1961, furono interessati da una completa opera di ricostruzione alla fine degli anni ’70, con l’adozione del colore arancione ed i finestrini in alluminio anodizzato e sono stati definitivamente ritirati nel marzo 2001 dopo 40 anni di onorato servizio. Già la vettura 8021 è stata completamente ristrutturata e ricostruita così come era nel 1961, con la sua livrea biverde e tutti i fregi, le antiche tabelle (opportunamente aggiornate alla odierna linea 201) e, per quel che è stato possibile, con tutti gli arredi riconducibili alla linea originale, ed ha fatto bella mostra di sé in occasione della recente presentazione della filovia 201; probabilmente, essendo stata preservata a scopo museale, non è improbabile che in particolari occasioni sarà temporaneamente rimessa in strada a titolo espositivo o turistico. Si presume che anche queste due altre vetture debbano essere interessate da opere di completa ricostruzione e restauro.
Completato l’interessante tour, dopo aver calorosamente ringraziato il personale addetto alla custodia che ci aveva così gentilmente consentito l’ingresso, e dopo aver congedato il Prof. Cozzolino, pressato da altri impegni personali, ci siamo quindi recati presso il deposito tranviario di S.Giovanni a Teduccio, a dire il vero non del tutto convinti di avere l’autorizzazione ad accedervi. Ivi giunti, non abbiamo potuto non notare l’enorme difficoltà che affligge tutte le vetture tranviarie in ingresso ed in uscita, dal momento che i binari che costeggiano i marciapiedi di Corso S.Giovanni sono perennemente occupati dai soliti automobilisti incivili i quali, del tutto noncuranti di interrompere, di fatto, un pubblico servizio (le linee 4 e 29, infatti, attestano proprio nel deposito in quanto lo stesso funge da “racchetta” di ritorno), sostano indiscriminatamente sui suddetti binari e, a detta del personale addetto al deposito, rivolgendo perfino esplicite minacce agli stessi conducenti!
Contrariamente alle nostre aspettative, e con nostro grande compiacimento, il personale del deposito, con estrema cortesia, ci ha consentito l’ingresso all’interno del deposito, indirizzandoci, prima di tutto, presso l’officina. Al suo interno, abbiamo potuto vedere i lavori di restauro che stanno interessando la vettura 1029, ancora allo stato, se così si può dire, grezzo: infatti il mezzo, la cui carrozzeria è ancora quella realizzata negli anni ’50 sulla struttura originaria del 1935, era ancora spoglio di gran parte della pannellatura, l’impianto elettrico, gli arredi e le rifiniture. Nella stessa officina, in un angolo, era stato perfino improvvisato un laboratorio di falegnameria dove, con un lavoro paziente e scrupoloso, si sta procedendo a ricostruire tutte le rifiniture in legno praticamente conformi a quelle originarie, e cioè le doghe delle porte, i controtelai dei finestrini, ecc. Su alcune parti della carrozzeria si potevano notare le prime “prove” di verniciatura in verde. Il caporeparto ci ha illustrato sinteticamente lo stato dei lavori, aggiungendo che alla fine, pur conservando l’originale trolley che sarà mantenuto per preservarne l’originalità, la vettura dovrà necessariamente montare, per poter essere in grado di circolare, il pantografo, che ha già sostituito il tradizionale organo captatore ad asta e rotella su tutte le altre vetture attualmente marcianti. All’interno dell’officina era ricoverato anche un’altra vettura, la 1010, totalmente rimessa a nuovo e riverniciata, naturalmente con la carrozzeria “attuale”. Subito dopo, ci siamo avventurati fra tutte le altre vetture giacenti nel deposito, sia in esercizio che accantonate.
Purtroppo, abbiamo notato che quelle ritirate dal servizio non sono affatto poche: dopo averle ispezionate praticamente tutte (fra le quali la 970, che non sarà affatto possibile recuperare perché irrimediabilmente danneggiata da un incendio accidentale che ha interessato il gruppo motore), si è presentata davanti ai nostri occhi la vettura 961, ancora con la carrozzeria del 1956 (come si riscontrava su un’apposita targhetta sulla fiancata), ma riverniciata in arancione. Al suo interno ne abbiamo riscontrato le condizioni a dir poco pietose: le pennellature del soffitto penzolanti, tutte le rifiniture danneggiate dall’usura e dai soliti vandali, e ciò soltanto a titolo di esempio. Prendendo spunto da ciò, il personale del deposito, resosi conto anche del fatto che ci siamo presentati come esponenti della istituenda AIAT, ci ha fortemente sensibilizzati sul fatto di prodigarci affinché sia fatto tutto il possibile per salvare tutte le vetture in giacenza dalla demolizione e, cosa ancor più incredibile, per un motivo di natura principalmente logistica: infatti, non essendo il deposito sufficiente per la rimessa delle attuali vetture, unitamente ai nuovissimi jumbo-tram Sirio (ne sono previsti in tutto 22), l’unica soluzione sarebbe soltanto di dismettere quante più vetture vecchie possibili proprio per far posto ai nuovi Sirio, e ciò anche considerando che, essendo le linee tranviarie in esercizio ormai solo 3 (1, 4 e 29, più la 2, attualmente sospesa per i lavori della Linea 6 Metronapoli ed il cui ripristino non appare nemmeno scontato), teoricamente vi sarebbe così un numero troppo elevato di vetture per sole tre linee. Per quel che invece riguarda il ritorno del tram a Fuorigrotta, ci hanno detto che probabilmente la tratta di Viale Giulio Cesare e Piazzale Tecchio dovrebbe essere definitivamente abbandonata (sic!), e forse dovrebbe essere ripristinata invece quella di Via delle Legioni e Via Cumana, fino al deposito da noi visitato che, se così fosse, ospiterebbe di nuovo al suo interno le vetture tranviarie in esercizio, ritornando così in piena efficienza. Vi sarebbe anche la possibilità di una riconversione dell’attuale deposito filoviario di Stella Polare, anche perché i filobus dovrebbero essere rimessati, in futuro, in quello autoviario di Via Tanucci (Carlo III), da dove dovrebbero “sloggiare” gli autobus, per effetto della vertenza giudiziaria persa da anni dall’ANM contro l’Orto Botanico. Insomma, siamo sempre nel campo delle ipotesi, ma ritornando al nostro discorso, abbiamo accolto il vero e proprio appello che il personale del deposito ci ha rivolto e sicuramente faremo tutto il possibile.
Non poteva mancare, ovviamente, una visita al jumbo-tram Sirio, peraltro già presentato al pubblico in primavera e da noi puntualmente immortalato e riportato in un’apposita pagina del nostro sito: ve ne sono attualmente due, quello già messo in strada (matricola 1101) ed ancora in attesa di entrare in servizio con la riapertura della sede tranviaria appena rifatta in Piazza Nazionale, ed il secondo ancora in allestimento nell’apposita officina (probabilmente con la matricola 1102), e non ancora appositamente “pellicolato”.
Alla fine della visita, il responsabile del deposito ci ha invitato in un ufficio, dove all’interno vi era una vastissima mostra fotografica che riassumeva tutta la storia del trasporto tranviario a Napoli e, cosa che ci ha resi ancor più partecipi in prima persona come associazione, molte di quelle foto erano addirittura del nostro Roberto Amori! Al momento dei saluti, culminato con la rituale foto di gruppo davanti ad una vettura tranviaria, ci hanno anche fatto omaggio di alcune tabelle di linea ancora utilizzate sulle attuali vetture.
A questo punto, esaurito l’espletamento delle nostre visite, ci siamo recati tutti in pieno centro storico, in Via Tribunali, presso “Il Pizzaiolo del Presidente”, pizzeria di recente apertura ma già rinomata perché il titolare, l’ottimo Ernesto Cacialli, ha avuto l’onore di essere immortalato e riportato sulle pagine dei principali quotidiani italiani e americani nel 1994, in occasione del vertice G7 tenutosi proprio a Napoli, per aver offerto una pizza “a libretto” (ed anche una pizza fritta) al Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, quando però lavorava, in qualità di consocio, nella più famosa pizzeria Di Matteo, che poi dista non più di una cinquantina di metri. Dopo alcuni minuti di attesa (purtroppo il sabato è un giorno “di fuoco” per le pizzerie e, nonostante il sottoscritto avesse prenotato un tavolo, a causa dell’enorme ritardo con cui siamo giunti e della gran folla accumulatasi al di fuori in paziente attesa, la prenotazione era logicamente “saltata”), ci siamo accomodati nella capiente sala al piano inferiore, dove ognuno ha potuto gustare un’ottima pizza, accompagnata dalla tradizionale frittura a base di crocchette di patate, arancini e frittatine di maccheroni. Una curiosità: a parte il consiglio del sottoscritto della suddetta pizzeria, di cui sono cliente fin da bambino, il proprietario dei locali risponde al nome del celeberrimo “Agostino ‘o pazzo”, famoso più di trent’anni fa per le sue scorribande in motocicletta per le strade di Napoli in barba a tutte le volanti della Polizia che lo inseguivano vanamente, ed apparso anche in due film.
Alle 16,00, dopo esserci abbondantemente rimpinzati di ogni ben di Dio, e dopo esserci rinfrancati con la rituale tazzina di caffè in un bar nelle vicinanze, è arrivato il triste momento dei saluti: tutti a casa, con l’augurio di rivederci presto, ancor più motivati e determinati nel nostro scopo-hobby, ma comunque, come suol dirsi, “felici e contenti”.